Ricorso alla Corte di giustizia europea contro la sentenza della Corte di Cassazione che nel novembre scorso ha stabilito che la Commissione Grandi rischi (condannata in primo grado all’Aquila) “non è colpevole” di avere rassicurato la popolazione per il rischio sismico e quindi nemmeno della “strage” – così la definiscono i familiari delle vittime del sisma – del 6 aprile 2009.
Lo è soltanto il vicecapo della Protezione civile all’epoca del sisma, Bernardo De Bernardinis, chiamato a pagare per le colpe di tutti in Appello e poi in terzo grado di giudizio.
E una lettera indirizzata all’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso firmata dai cittadini aquilani in cui viene chiesto all’ex capo della Protezione civile di formalizzare finalmente la sua promessa, fatta più volte da quando è candidato sindaco a Roma in varie interviste, di rinunciare alla prescrizione che cade a ottobre nell’ambito del processo “Grandi rischi bis” che lo vede imputato. Dovrà depositare un atto al tribunale dell’Aquila entro il 6 aprile, settimo anniversario del sisma e “Se non lo farà vuol dire che ci sta prendendo in giro», ha chiosato Cora, con la voce rotta dalla commozione.
height=315E’ quanto annunciato ieri sera da Maurizio Cora, l’avvocato che nel terremoto ha perso la moglie e due figlie convinte da lui stesso a restare in casa nella notte tra il 5 e il 6 aprile perché venne “rassicurato”, come molti altri, dalle informazioni emerse dalla riunione della commissione Grandi rischi che si tenne il 31 marzo del 2009 nel capoluogo da sei mesi stressato da un estenuante sciame sismico.
Cora ha parlato ieri al parco del castello davanti a decine di persone subito dopo l’intervento appassionato e forte di Vincenzo Vittorini, uno degli organizzatori della manifestazione “Per una giustizia italiana che non dimentichi la strage dell’Aquila del 6 aprile 2009” insieme agli altri familiari delle vittime del sisma (c’erano tutte le associazioni che riuniscono i familiari delle vittime, oltre a Vittorini e Cora, anche Pier Paolo Visione e Massimo Cinque).
Una chiamata a raccolta fatta a tutta la città affinché i familiari di figli, mogli, fratelli, nipoti morti sotto le macerie del terremoto non vengano lasciati soli a combattere nelle aule di tribunale.
“Vogliamo dire no all’oblio e all’insabbiamento della verità, alla vittoria di un’operazione mediatica avviata dall’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso il 30 marzo di sette anni fa e ancora in corso”,
ha detto Vittorini riferendosi alla telefonata perentoria che Bertolaso fece all’allora assessore regionale Daniela Stati. Ieri la piazza era colma di cittadini, almeno 600, ciascuno con in mano una rosa bianca o rossa, consiglieri comunali e assessori (c’era il vicesindaco Nicola Trifuoggi ma non il sindaco Massimo Cialente, ritenuto uno dei responsabili, con le parole della sua testimonianza davanti ai giudici nel processo di primo grado, del naufragio dei processi alla Grandi rischi).
Vittorini ha ricostruito “la verità” ricomponendo il puzzle delle udienze e i passaggi avvenuti ancor prima, che si sono succeduti dall’aprile 2009 a oggi, dal momento che Bertolaso, candidato sindaco a Roma, sostiene di voler rinunciare alla prescrizione senza, però, mai formalizzare le sue promesse.
“Dalla commissione Grandi rischi noi non volevamo sapere l’ora esatta e il giorno esatto in cui sarebbe avvenuto il terremoto, perché lo sanno anche i sassi che il sisma non si può prevedere – prosegue Vittorini – volevamo, invece, essere messi al corrente (ed è un obbligo di chi ci governa), non evacuare una città, ma quanto meno informare della situazione di rischio in cui ci si trova”.
La volontà di organizzare una manifestazione per ricostruire la verità processuale (e che in qualche modo esca dai confini delle aule di giustizia e oltrepassi i confini regionali) è nata il 4 marzo scorso, all’indomani dell’udienza per il procedimento “Grandi rischi bis”, che vede imputato Bertolaso per omicidio colposo, udienza rinviata dal giudice a giugno, a pochissima distanza dalla prescrizione che scatterà a ottobre.