Abruzzo: il vecchio e il mare, la storia di Ninuccio, il pescatore filosofo.
Una ruga a metà fronte, pelle di un tizzone ardente, una canottiera, pantaloncini un po’sdruciti e occhi profondi come il mare, come quel mare che ha segnato la sua ruga e la sua vita, ve lo descriviamo perché è discreto, accetta di parlare con noi ma non vuole essere fotografato. Pescatore da quando a 8 anni accompagnava il padre sulla sua barca di legno a remi, a forza di braccia e tanto coraggio perché quando il vento soffiava da Greco-levante i marosi erano grattacieli per una piccola imbarcazione. Nino, detto Ninuccio, fa parte della marineria abruzzese. Piccola pesca, quella da posta ma ha lavorato anche sulle barche che praticano lo strascico, Ninuccio le ha provate tutte. Lo incontriamo casualmente mentre aggiusta le reti, sulla battigia, attorniato dai gabbiani che gli fanno compagnia e che, ormai lo sanno, aspettano qualche scarto di pesce. Ninuccio ha 90 anni, ma “me ne danno tutti almeno 10 in meno”, e non è un vanto ma la realtà. Il mare tempra eppure a chi lo chiama anziano, Ninuccio precisa: “Perché usare le mezze parole, io sono un vecchio e la vecchiaia non è un dispregiativo! È esperienza”. Lo chiamano il filosofo gli altri pescatori, perché ha sempre qualche massima da dire, qualche consiglio da dare. Più di 80 anni in mare, ha girato il mondo sulle navi per poi tornare a casa, nel suo Abruzzo. Conosce tre lingue, francese, spagnolo e un po’ di tedesco perché Ninuccio ha lavorato per un periodo anche in Germania, in una fabbrica: “Gli Italiani non erano ben visti, a volte ci chiamavano zingari. Perché erano invidiosi, invidiano il nostro modo di risolvere le cose, rapidamente. Se in catena di montaggio si inceppava qualcosa noi ci ingegnavamo, loro si bloccavano fino a quando non si aggiustava il tutto.” Ma la parentesi tedesca durò poco, il richiamo del mare era più forte di uno stipendio modesto ma sicuro e Ninuccio torna in Italia, la Sicilia, il Tirreno e di nuovo l’Adriatico. La sua famiglia da generazioni viveva di mare, si pescava per poi vendere il pesce dalle mogli lungo il fiume o nei mercati. Ci fu poi il periodo della guerra, il pericolo delle mine in mare, poi ci racconta dei presunti avvistamenti ufo in Adriatico negli anni ’70: lobi luminosi, il mare ribollire, i due pescatori di Martinsicuro morti misteriosamente, la paura dei pescatori di prendere il largo tanto che si mossero la Capitaneria e le istituzioni ufficiali. Gli chiediamo se si è mai trovato in difficoltà su una barca: “Certo! Le tempeste, la paura di non tornare a terra, le disgrazie, i pescatori vittime di incidenti in mare, le scene strazianti delle mogli e le mamme nei porti ad attendere il ritorno dei corpi senza vita dei loro congiunti”. Il mare è vita ma la vita te la può anche togliere. I pescatori sono attenti e temono e rispettano il mare ma l’imprevisto è sempre dietro l’onda. Ninuccio si arrangia ora lungo la costa abruzzese dando una mano con le reti e con i consigli ai pescatori più giovani: “Sempre meno, – dice – d’estate il fermo crea problemi per gli indennizzi ancora al palo e per le barche più piccole il fermo dovrebbe essere facoltativo. D’inverno ci sono il brutto tempo, le insidie del mare, le restrizioni (tutto l’anno) sempre maggiori e il pesce che scarseggia”. “Per fare il pescatore ci vuole sangue freddo e mare nelle vene perché se sei capitano di una barca, in tutti i casi, devi tranquillizzare l’equipaggio anche se tu sei il primo ad avere paura”. A un certo punto della conversazione, tira fuori dal suo portafoglio un santino di sant’Andrea e una foto di una donna che sembra un’attrice, curata, non più giovanissima ma di un fascino d’altri tempi: “Loro mi proteggono, Sant’Andrea e mia moglie Sara, che non c’è più da 8 anni. Ma c’è comunque”. Non capiamo, lui ci mostra una grossa conchiglia e la porge al nostro orecchio: “Silenzio… senti? È il mare e il mare è la voce di mia moglie.” Non c’è tempo per la commozione perché perentorio ci dice: “Chi fa del male al mare lo fa ai pescatori scomparsi, alle comunità che di mare vivono e a intere città. Cari politici le parole se le porta il mare e le riporta a riva, ampliate gli orizzonti, concretizzate. Il mare è una risorsa che non merita oblio”. Ninunccio ha la quinta elementare presa a 20 anni, ci spiega ma parla come e meglio di un letterato. Gli chiediamo perché non scriva un libro sulla sua vita e lui: “Perché non ne conosco il finale. E a chi interesserebbe poi? Il mare sa tutto di me e mi basta ma una cosa voglio dirvi, se cercate risposte venite in riva al mare chiudete gli occhi e lui vi risponderà”. Rifarebbe tutto della sua vita? “Un vecchio rifarebbe tutto. Non chiamatemi anziano. Il mare non usa mezzi termini e sono fortunato perché a essere vecchio ci sono arrivato”. Ma lo sa che la chiamano il pescatore filosofo, gli domandiamo? “La mia filosofia è il mare e non esistono lauree che tengano. Il mare è l’insegnante più grandioso che ci sia, noi dovremmo essere tutti suoi studenti. Perché ha molto da insegnare e non mette voti né giudizi, lui è di tutti e non fa distinzioni”. Beh ora è tempo di andare mentre il sole al tramonto scompare pian piano tra i palazzi lungo la riviera. Buon vento Capitan Ninuccio. E che il mare vegli sempre su di te. Sono quegli incontri che non ti aspetti ma che ti lasciano il mare dentro.