Sit-in delle associazioni che si battono contro la violenza di genere e per una pena certa davanti alla Corte d’Apello dell’Aquila, nelle stesse ore in cui si tiene l’udienza di Fitim Koldashi, accusato dell’omicidio di Manuel Spinelli.
Un sit-in davanti alla corte d’Appello dell’Aquila, nelle stesse ore in cui si tiene l’udienza di Fitim Koldashi, l’albanese di 29 anni condannato con il rito abbreviato a 30 anni e 8 mesi, accusato dell’omicidio di Manuel Spinelli, il giovane di Martinsicuro ucciso il 20 giugno del 2017, sul lungomare di Alba Adriatica.
Aveva soltanto 22 anni Manuel quando è stato accoltellato da Koldashi, per il quale le associazioni chiedono la certezza della pena perché – dicono – una vita non può valere qualche anno. Oltre al coordinamento di Codice Rosso diverse le associazioni che questa mattina si sono riunite davanti alla Corte d’Appello (Dal “Nastro Rosa” ad “Anna Rosa una di noi”, da “Kathanè” a “Insieme per Jennifer” e tante altre), affianco alla famiglia di Manuel, alla mamma e al papà (Cinzia e Roberto) e alla giovane moglie Manuela che, ancora sconvolti, restano lontani dai microfoni e combattono in silenzio la loro battaglia.
Battaglia che riguarda tutti, come spiegano le referenti abruzzesi del coordinamento di Codice Rosso. Intanto le associazioni lavorano per la nascita di un garante dei famigliari delle vittime di omicidio.
Manuel rappresenta i tanti, troppi giovani del nostro paese vittime di omicidio e di femminicidio – dicono Adele Di Rocco ed Elena Pesce del coordinamento “Codice Rosso” – questo tipo di reato può essere punito unicamente con la condanna al massimo della pena, senza l’applicazione di sconti.
E chiedono per Koldashi la conferma della pena stabilita in primo grado a 30 anni e 8 mesi.
Il servizio del Tg8