Un decreto ritenuto lacunoso dai sindaci dei Comuni colpiti dagli ultimi terremoti in Italia, quello approvato dalla Camera in sede di conversione.
E sul quale i primi cittadini non intendono abbassare la guardia, portando avanti proteste e facendo sentire la loro presenza anche a Roma, dove questa mattina sono andati in delegazione per chiedere al Governo di ascoltare le loro istanze e allargare le maglie del decreto “Sisma Ter” sulla ricostruzione. Istanze già sollevate nei giorni scorsi con l’appello bipartisan lanciato dai sindaci di Ascoli Piceno, di Teramo, di Macerata e di Spoleto.
Proteste ritenute comprensibili dal commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, questa mattina all’Aquila per partecipare al quarto premio “Avus aprile 2009”, dedicato agli studenti universitari morti nei crolli del terremoto dell’Aquila.
“C’è bisogno di fare di più sul fronte della cultura e delle scienze, il comparto costruttivo italiano è ancora arretrato sul fronte delle tecnologie”, ha detto Errani, che ha definito “comprensibili le proteste dei sindaci”.
“Quando c’è il terremoto c’è un contraccolpo psicologico, poi c’è la risposta, la richiesta di sicurezza. C’è bisogno davvero di depositare culture e scienza – ha esortato il commissario straordinario – che riescano a farci fare un salto di qualità, per esempio nell’esperienza che ho fatto in Emilia mi sono reso conto di un certo livello di arretratezza nelle nostre tecnologie ricostruzzive rispetto alle nuove tecnologie che sono in grado di rispondere anche a problemi complessi come quelli posti dagli studenti, ma per fare questo occorre una cultura radicata nel Paese, nei diversi soggetti, protagonisti di una ricostruzione, che sono i cittadini, la Pubblica amministrazione e anche i professionisti, che hanno un ruolo decisivo. Per la ricostruzione occorrono dei valori di riferimento, sono la comunità. Noi stiamo vivendo, e sono convinto che non ci sia ancora piena consapevolezza, la più grande emergenza degli ultimi cento anni per dimensione (siamo ormai a 140 Comuni nel cratere sismico) e per entità e diffusione del danno. Stiamo parlando del centro Italia, un territorio bellissimo, di grandissima qualità ambientale, che sono elemento di ricchezza ma anche di arretratezza. E che chiedono una progettazione di tipo nuovo. Un territorio, però, fragilissimo, le casette provvisorie: trovare un’area disponibile per realizzarle non è semplice, perché siamo in zone “R4” con rischio frana altissimo e a rischio inondazioni ed esondazioni. C’è poi il tema di grande impegno: quel territorio era fragilissimo e già compromesso prima del terremoto, con migliaia e migliaia di frane. Con una difficoltà,nei fatti, a gestire quel territorio. Io penso che occorra un piano decennale di messa in sicurezza del territorio, che intervenga e costruisca una cultura della manutenzione permanente”.