Il Dipartimento prevenzione della Asl di Chieti Lanciano Vasto ha realizzato un programma di prevenzione Covid sui luoghi di lavoro che potrebbero diventare potenziali focolai di Coronavirus.
Il programma, voluto dal direttore generale della Asl Lanciano Vasto Chieti, Thomas Schael, e realizzato dal Dipartimento Prevenzione guidato da Giuseppe Torzi, coinvolge in una prima fase gli impianti produttivi di alimenti di origine animale. Il target è stato scelto in base alle condizioni ambientali degli impianti di lavorazione che possono favorire la proliferazione del virus a causa di temperatura, umidità e vapore, e sulla base di attività che prevedono postazioni di lavoro ravvicinate e luoghi condivisi.
In provincia di Chieti sono presenti 10 mattatoi, 11 laboratori di lavorazione carni rosse, 13 stabilimenti di prodotti a base di carne, tre depositi frigoriferi, 11 caseifici, otto stabilimenti di prodotti della pesca, nove centri di spedizione molluschi, due centri di riconfezionamento, due macelli lagomorfi e tre avicoli, due laboratori di carni bianche, quattro centri di imballaggio uova. Gli addetti in totale sono 926. L’adesione al programma di sorveglianza è su base volontaria, sia delle aziende che accolgono l’invito della Asl Lanciano Vasto Chieti, sia dei lavoratori, i quali saranno sottoposti a prelievo di sangue e al tampone rino-faringeo. Al momento sono otto gli stabilimenti che si sono resi disponibili e 481 gli addetti che parteciperanno. Lo screening è a totale carico della Asl e gratuito per le aziende, e prevede un primo ciclo di test che sarà eseguito a partire dalla prossima settimana: in caso di esito positivo al tampone scatteranno tutte le attività previste per la messa in sicurezza della struttura e indagine clinica su familiari e contatti della persona contagiata, anche ai fini dell’applicazione delle misure di sorveglianza sanitaria domiciliare. Il secondo step di controlli su tutti i lavoratori è previsto a distanza di tre settimane.
“Il nostro obiettivo in questa fase è identificare e isolare i potenziali contagiati da Covid-19 tra i lavoratori degli impianti produttivi di alimenti di origine animale – spiega Torzi – i quali sono più esposti al rischio a causa delle condizioni ambientali dei luoghi in cui svolgono la loro attività. Per queste ragioni un approccio sistematico, con il controllo periodico di tutti gli operatori, pensiamo sia la strategia che meglio possa garantire la riduzione dei rischi di diffusione del virus”.