Continua a fare discutere la sentenza del Tribunale di Chieti di condannare Fb a risarcire un avvocato al quale era stata oscurata la pagina perché aveva pubblicato foto del duce . Il commento dello storico Enzo Fimiani.
Il caso in questione vede protagonista Gianni Correggiari, avvocato bolognese trapiantato da anni a Chieti, il quale ha pubblicato sul suo profilo Facebook una foto di Benito Mussolini. Poco dopo Fb gli ha comunicato il blocco temporaneo del profilo, ma l’avvocato si è rivolto alla magistratura che gli ha dato ragione. Il caso ha fatto molto discutere, anche perché rimette al centro dell’attenzione la questione relativa al reato di “apologia di fascismo” introdotto dalla legge Scelba. La legge fu approvata nel 1952 per attuare la XII disposizione finale della Costituzione, che proibisce la ricostruzione del partito fascista e non chi manifesta le proprie simpatie per un periodo storico così controverso.
L’avvocato bolognese ha visto nel provvedimento punitivo di Fb un attentato alla libera espressione e per questo ha intentato causa al social network, ottenendo sia il ripristino della sua pagina che un risarcimento di 15 mila euro. L’episodio ha stimolato la riflessione di Enzo Fimiani, storico ed ex presidente dell’Anpi Pescara, che ha dichiarato all’Ansa:
”Ogni tanto, puntuale, riemerge e si concreta l’antico sogno di una parte dei giuristi. Quello di un diritto asettico, ‘puro’, che si regga in sé. Che permette di leggere la realtà soltanto servendosi di un registro buono per tutte le stagioni, quello del formalismo giuridico, o ‘in punta di diritto’, come si dice. Peccato che quando questa propensione incontra la storia, la faccenda si faccia molto più complicata. La storia è complessa e complicata, ponendoci sempre davanti a un impatto fattuale degli atti, a conseguenze pubbliche, e civili, che spesso confliggono con modelli formali teoricamente ‘perfetti’. Se guardiamo alla sentenza in punta di diritto, si è davanti alla sanzione di una mera violazione rispetto a vincoli contrattuali sottoscritti dalle parti (Facebook e il suo privato utilizzatore). Quindi c’entrano poco dimensioni ben più alte che vengono evocate dal ricorrente, come la “libertà di espressione” (qui: libertà totale, senza limite alcuno, di inneggiare alla dittatura fascista, al suo leader, alla Repubblica sociale e così via, nella sfera pubblica latamente intesa). Eppure, la libertà si connota, ed esiste, proprio in quanto ha limiti. Altrimenti si fa arbitrio. Tra un regime totalitario, nel suo autunno divenuto anche di stampo nazifascista, e una democrazia come quella italiana nata dopo il 1945, non v’è alcuna possibilità di compromesso. Si tratta di concezioni del tutto opposte. Può esistere o uno Stato che si richiami all’ordine nazifascista oppure uno Stato che si incardini in assetti democratici (fatta salva un’ovvia, ma fisiologica, ‘continuità dello Stato’ nei meccanismi degli apparati che ne fanno funzionare la macchina). Pertanto, si può – sul piano storico – dire che dal dopoguerra si instaura in Italia una compagine statuale del tutto nuova, nei principi, nelle forme, nelle regole del gioco”.