Un Abruzzo che cade a pezzi, da mettere in sicurezza non solo sul fronte antisismico, ma anche del dissesto idrogeologico che consegna una regione tempestata di frane, crolli, alluvioni.
Da tutta la regione questa mattina sono partite delegazioni di Comitati cittadini e associazioni per un sit-in di protesta ma anche di sollecitazione davanti al Consiglio regionale, a cui chiedere una seria politica di messa in sicurezza. A partire dalle scuole. A 8 anni dal terremoto dell’Aquila molte delle scuole e degli edifici pubblici non sono sicuri – spiegano gli organizzatori – e a questo si sono aggiunte decine di scuole in tutto il territorio, come a Teramo, dove da mesi sono migliaia le persone sfollate e sgomberate. Al Consiglio regionale i comitati hanno presentato un documento con alcune richieste di interventi ritenuti “ineludibili”, da attuare in via prioritaria, come spiega Valentina Di Girolamo del Centro politico comunista Santo Santacroce” di Teramo.
LA LETTERA DEI COMITATI:
Nelle aree interne i paesi rimangono isolati perché franano le strade, sulla costa si aprono voragini anche nei centri storici, come a Chieti. Migliaia di cittadini sono sfollati e sgomberati, mentre si pianificano e realizzano investimenti che portano al profitto di pochi. I territori sono stati messi a dura prova negli scorsi mesi, a causa di politiche pubbliche criminali, lasciate all’abbandono intere zone: in una regione dove terremoti, neve, frane e alluvioni non sono una novità, persino acqua e luce sono mancate per giorni interi a un terzo della popolazione.
Le aree interne del paese soffrono di una forte depressione anche per i continui tagli delle risorse pubbliche e per l’atteggiamento predatorio delle imprese private, dedite più al saccheggio che al benessere delle economie locali. E così anche il Corpo dei Vigili del Fuoco è stato penalizzato in questi anni, con la precarizzazione del personale e la riduzione della capacità di intervento.
L’Abruzzo è quella regione che si piega ad accettare che il suo territorio diventi terra di conquista di grandi aziende multinazionali, per mega-opere inutili a tutti, tranne ai pochissimi che ne traggono profitti: come nei casi del metanodotto Snam “Rete Adriatica” e dell’elettrodotto Terna, progetti che non producono “sviluppo” ma accrescono i rischi in un territorio già disastrato. A fronte dell’indifferenza di chi ci governa nei confronti della popolazione e del territorio che essa abita, a fronte dell’assenza di un piano di tutela ambientale, preservazione del suolo e messa in sicurezza dell’assetto idrogeologico, a fronte dei livelli drammatici di disoccupazione che subiamo sulla nostra pelle, chiediamo il rispetto del diritto alla vita nei nostri territori.
Siamo donne e uomini, individui e associazioni, sindacati, comitati e movimenti, che non vogliono continuare ad essere vittime di mancata prevenzione, di interessi predatori, di risorse drenate verso grandi opere costose e inutili, di mancanza di lavoro. Le condizioni precarie di vita fa il paio con l’assenza di un progetto serio in tema di politiche sociali, del lavoro, della salute, del diritto agli studi. Deficienze che hanno generato solo nel primo trimestre dello scorso anno la perdita di oltre 14mila posti di lavoro.
Sappiamo di vivere nei diversi territori quotidianità e peculiarità differenti, ma siamo determinati a non rassegnarci, a non arrenderci, a costruire ogni giorno alternative politiche e sociali. Conosciamo uno ad uno i responsabili dei disagi che vivono gli abruzzesi, ad ogni livello: dal governo centrale fino ai potentati locali.
Vogliamo politiche radicalmente differenti e lo affermeremo chiaramente di fronte al massimo organo istituzionale della terra che ci unisce: il Consiglio regionale. Per questo chiamiamo a raccolta le popolazioni abruzzesi: porteremo anche di fronte alla regione le nostre proposte per la messa in sicurezza del territorio, la redistribuzione delle risorse e la valorizzazione del nostro patrimonio naturalistico, ambientale e culturale”.