Bandiere, fischi, striscioni e urla. L’arrivo del presidente del consiglio , blindatissimo dal punto di vista della sicurezza, non passa in silenzio.
Ad accogliere Matteo Renzi non ci sono soltanto le istituzioni e tutte le organizzazioni di categoria in ordine e in ascolto, ma anche i lavoratori dell’Aquilano e della Marsica, con sit-in delimitati e isolati dalla forze dell’ordine. Questa volta memori della visita del premier che nell’agosto scorso si concluse tra scontri e lanci di sampietrini. Sono gli stessi lavoratori che nei giorni scorsi hanno fatto già sentire la loro voce per una crisi occupazionale che all’Aquila soffoca famiglie e giovani. C’erano i dipendenti dei due call center a rischio licenziamento, l’Ecare e il Global Network.
I lavoratori di quest’ultimo hanno gridato tutta la loro rabbia nella protesta del giorno del passaggio del Giro d’Italia, la disperazione in mondovisione per un call-center fatto nascere per aiutare gli aquilani nel post sisma ad avere una speranza di lavoro e invece destinato a naufragare tra i debiti.
La rassegnazione, poi, de ricercatori della Intecs, azienda nata dalle ceneri del centro di ricerca Technolabs, i cui dipendenti sono letteralmente parcheggiati dall’azienda che ha deciso di tagliare le commesse all’Aquila e non sa che cosa farsene di lavoratori dalle alte competenze nel campo delle telecomunicazioni.
Rischiano il licenziamento anche le tute blu, o meglio nere come l’acciaio che manovrano, dei lavoratori della Vesuvius di Avezzano che producono elementi per le acciaierie. Si tratta di 80 lavoratori non più giovanissimi che ora temono di non avere più un futuro.:
“Siamo il motore dell’Italia – dicono – eppure vogliono lasciarci morire”.
Una delegazione di tutte le aziende è stata ricevuta infine dal premier Matteo Renzi e dal sottosegretario Claudio De Vincenti in un velocissimo colloquio mediato dal vicepresidente della Regione Giovanni Lolli. Meno fortunati invece i precari della giustizia che non hanno potuto far altro che restare in attesa fuori dall’Auditorium e affidare a manifesti attaccati sui loro ombrelli la rabbia di essere “precari per sempre”.