Una scossa di 3.2 a Campo di Giove, sabato scorso riporta alta l’attenzione su una zona sismogeneticamente attiva come quella della Valle Peligna, che sembrava, negli ultimi tempi, essere tornata a un’apparente tranquillità.
La scossa – avvenuta a pochi istanti di distanza da un’altro terremoto di 3.6 con epicentro a Cittareale, in provincia di Rieti – ha riguardato una zona a cavallo tra la Majella e il monte Morrone rientrante nella faglia di Sulmona. Che quella sia una zona sismica attiva è chiaro alla comunità scientifica, come spiega il sismologo dell’Aquila Christian De Pinto. L’esperto – che è stato in passato responsabile della rete sismica del Molise – ricorda che scosse superiori a 3.0 rientrano nello standard della sismicità della zona, in cui dovrebbe però essere intensificato il monitoraggio sismico.
La sismogenesi di un’area attiva come quella della Valle Peligna e delle strutture della zona, infatti, non può essere studiata soltanto con il singolo terremoto, ma soprattutto attraverso il monitoraggio della microsismicità strumentale che caratterizza quel tipo di sismogenesi. Occorre, dunque, istituire una rete capillare di monitoraggio. Le faglie – ricorda il sismologo Del Pinto – sono dei modelli, in quanto non c’è possibilità di scendere a decine di metri sotto terra per vedere ciò che succede. E tra questi modelli ce n’è uno che ipotizza l’unione delle due faglie, quella della Majella e quella del Morrone.
Resta fondamentale il monitoraggio sismico, in quanto i terremoti, ribadisce Del Pinto, non si possono prevedere.
L’INTERVISTA AL SISMOLOGO: