La priorità è mettere in sicurezza l’acquedotto del Gran Sasso. A gennaio scade la concessione per la captazione delle acque sul versante teramano, concessione in realtà già scaduta da tempo e rinnovata all’incirca nell’ultimo anno sempre in modo provvisorio in attesa di una soluzione.
La legge regionale che regolamenta la prossimità di infrastrutture alle adduzioni idriche, infatti, vieta di costruire a meno di 200 metri dai bacini di acqua, e questo impone un ripensamento del punto di captazione in vista della scadenza, in questo caso, della concessione a Ruzzo reti. Le trattative sono in corso e si fanno sempre più serrate. Dieci giorni fa un incontro a Roma tra il vicepresidente della Regione Giovanni Lolli, i tecnici del Governo e i rappresentanti di tutti i soggetti che ruotano intorno al bacino idrico del Gran Sasso, per stringere il cerchio intorno a una soluzione non più procrastinabile.
I teramani – e gli aquilani – non resteranno senza l’acqua del Gran Sasso. La rassicurazione arriva dal vicepresidente Lolli, impegnato sia sul fronte della sicurezza del bacino idrico in merito alla vicinanza di infrastrutture importanti come il traforo del Gran Sasso e i Laboratori di fisica nucleare – per il quale ora esiste un Protocollo per la sicurezza del Bacino idrico che impegna al rispetto di determinate e stringenti misure – sia su quello della scadenza della concessione per la captazione delle acque sul fronte teramano. Lolli chiarisce che si sta predisponendo una nuova gara d’appalto ma la procedura non può seguire i requisiti del passato. “E questo passaggio – dice Lolli raggiunto a telefono – la Regione lo sta studiando insieme al Distretto appenninico centrale, con cui da un anno stiamo ragionando – aggiunge – per individuare l’investimento da fare per una nuova captazione”.
“Se nessuno si muove c’è rischio che non si può prendere più l’acqua dal Gran Sasso – aveva detto all’inizio dell’estate il presidente della Ruzzo reti Antonio Forlini – e se la legge stabilisce dei requisiti, ma la derivazione che porta l’acqua non li rispetta e nessuno si prende responsabilità di derogare diventa un problema di portata nazionale, nemmeno più regionale». Intanto proprio la salvaguardia del bacino idrico è al centro della riunione urgente del tavolo tecnico del Gran Sasso – istituito dopo l’emergenza idrica di maggio – convocata per oggi dal vicepresidente Lolli, in merito a un’altra questione che in questi giorni sta tenendo banco: l’avvio di una simulazione per il trasporto e l’introduzione nei laboratori del Gran Sasso di eventuale materiale radioattivo, una fase di preparazione dell’esperimento Sox previsto fra sei mesi, una ricerca sui neutrini parallela a quella che si sta preparando negli Stati Uniti e che prevede delle prove di movimentazione in ottemperanza a una prescrizione dell’Ispra.
Nell’eventualità in cui l’esperimento, ad aprile, parta, il direttore del Laboratori Stefano Ragazzi smentisce qualsiasi rischio di contaminazione dei laboratori e dell’ambiente: il bacino idrico, specifica Ragazzi, è esterno e isolato. Ma Lolli, che assicura dal canto suo l’assoluta assenza di pericolo in questa fase, intende verificare il rispetto del Protocollo sulla sicurezza del bacino idrico sottoscritto a settembre anche dai Laboratori di Fisica: quel che non va bene è, secondo Lolli, la mancata comunicazione dell’evento alla Regione
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Ma quante chiacchiere inutili, anche da parte dei giornalisti che non chiedono come si possa portare una sorgente radioattiva a meno di 200 m da captazioni di acqua potabile se una legge, la 152 del 2006, art. 94 lo vieta! Che diavolo vuol dire che la sorgente è sicura (ci mancherebbe pure che non lo fosse!)? La legge prevede il divieto e vale per tutti anche per il laboratorio del gran sasso. Il resto sono chiacchiere e confusione!