Ponte Belvedere: adesso spunta l’ipotesi di abbattere il palazzo sottostante. Nel turbine della psicosi-ponti che dilaga anche all’Aquila dopo il tragico crollo del ponte autostradale di Genova, l’amministrazione comunale (e nello specifico l’assessore alle Opere pubbliche e alla Manutenzione Guido Quintino Liris), avanza una proposta del tutto inattesa.
Buttare giù il palazzo sottostante costruito negli anni Trenta, tornato a essere abitato pochi mesi dopo il sisma perché quasi per nulla danneggiato, e trasferire altrove le 30 famiglie che lo abitano. Una proposta che divide la città in pro e contro, ma che lascia interdetti in molti. Lunedì prossimo, 27 agosto i residenti della palazzina, che cade soltanto per metà al di sotto del ponte – incontreranno il Comune proprio per vagliare l’ipotesi di demolizione.
Un’assemblea pubblica voluta anche per capire come sarà gestita la messa in sicurezza del ponte e la riqualificazione della zona. Secondo il progetto approvato dalla Giunta, il ponte Belvedere – che non ha subito danni dal sisma ma è sottoposto al naturale decadimento dovuto al tempo e alla mancata manutenzione, mai fatta in 50’anni su una struttura in cemento armato precompresso – dovrà essere sottoposto a una sorta di rivisitazione, che prevede di eliminare la porzione della campata centrale, circa trenta metri di ponte, per alleggerire la struttura. E “con la sostituzione dell’attuale struttura in calcestruzzo precompresso con una nuova struttura in acciaio”, ha chiarito nei giorni scorsi l’assessore Guido Quintino Liris.
Sul ponte esistono già relazioni tecniche eseguite dal Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università dell’Aquila. La progettazione esecutiva consentirà di avere una struttura leggera con la possibilità di un disegno di illuminazione particolare, ma non riguarderà le parti strutturali dell’opera, che non vengono toccate perché ritenute integre. Ma se è vero che tutti gli studi dei tecnici dell’Università non evidenziano alcun tipo di pericolo, allora perché demolire la palazzina sottostante? Qual è, secondo il Comune, l’interesse pubblico a mandare via delle persone dalla loro casa, se davvero non c’è un pericolo reale di crollo? Una questione che potrebbe finire per essere bollata come una trovata elettoralistica, perché quando c’è un elemento che determina un pericolo per l’incolumità pubblica, buon senso vorrebbe che venisse eliminato quel pericolo e non che si facesse piazza pulita di tutto ciò che lo circonda.
Altro aspetto che si dovrà chiarire sul fronte dell’eventuale sgombero della palazzina e del suo abbattimento, è quanti soldi tutto questo costerà alle casse del Comune e quindi allo Stato. Il rifacimento del ponte costa a oggi oltre 2 milioni di euro. Abbattere il palazzo potrebbe arrivare a costare un milione di euro. A questo si deve aggiungere lo spostamento delle macerie, la riqualificazione dell’area e poi individuare altri alloggi per le famiglie sfrattate. Dove andrebbero? Nelle case equivalenti del Comune? Anche in questo caso la soluzione non è facile, perché le case equivalenti sono u bene patrimoniale del Comune e bisognerebbe individuare quegli alloggi che hanno lo stesso identico valore di quelli eventualmente demoliti; ma come giustificare tutto ciò agli occhi della Corte dei Conti se – non essendoci secondo le perizie alcun pericolo crollo per il Belvedere – non si riscontra un reale interesse pubblico nella demolizione del palazzo? Infine: tra ristrutturazione del ponte, abbattimento della palazzina e operazioni annesse il Comune si troverebbe a spendere un sacco di soldi.
Tanto varrebbe riavvolgere il nastro e tornare a quell’ipotesi avanzata all’indomani del sisma da alcuni esponenti della passata Giunta Cialente: costruire un ponte nuovo, moderno, architettonico, snello perché in acciaio, facile da manutenere e soprattutto sicuro.
Intanto da ieri sui social circola in modo virale un messaggio con annesso video: quello di alcuni cittadini che intimano a “evitare il passaggio sul viadotto che parte da Gignano e arriva a Bazzano”. Ormai, insomma, la psicosi-ponti dilaga.
Il servizio del Tg8