Un ponte in cemento armato precompresso come ce ne sono decine in Italia, come il ponte Morandi crollato a Genova sul fiume Polcevera causando quasi 40 vittime. Ed esplode la paura tra i residenti del palazzo costruito 30 anni prima – nel 1930 – e sovrastato dal ponte Belvedere, voluto negli anni Sessanta per collegare le due colline da un lato all’altro della città.
Un’opera importante, pure in una città piccola come L’Aquila, e che da quasi dieci anni (dal terremoto del 2009) è chiuso, inaccessibile, sbarrato, inagibile. I danni non sono gravi, ma le mani – su un ponte tanto vecchio e quando si è ormai capito che il cemento armato soprattutto in opere così grandi e sottoposte a sollecitazioni ingenti non è eterno – devono essere messe. Per il vicesindaco con delega alle Opere pubbliche Guido Quintino Liris il ponte è sicuro e i cittadini del palazzo sottostante, tornato a essere abitato da diversi anni dopo il sisma, possono stare tranquilli.
L’assessore alle Opere pubbliche ha infatti ribadito:
“da settimane e prima del tragico crollo di Genova, sono in corso le prove sui materiali relativamente alle fondazioni, ai pilastri e alle campate del ponte. Una volta concluse le verifiche, entro 15 giorni, il progettista avrà due mesi per il progetto definitivo ed esecutivo. Si andrà quindi a gara i lavori”.
Lavori che sono passati da 1 milione e 300mila euro preventivati dalla passata amministrazione, a oltre 2 milioni di euro secondo il progetto rivisto dalla Giunta Biondi, ma che non vanno a toccare la parte strutturale dell’opera, ossia i pilastri, quelli in cemento armato, suscettibili all’usura del tempo e a naturale decadimento. A dicembre 2017, infatti, con una delibera di Giunta ( n.545 del 13/12/2017), l’amministrazione ha deciso di “intervenire sulla campata centrale del ponte con la sostituzione dell’attuale struttura in calcestruzzo precompresso con una nuova struttura in acciaio”: ossia modifiche che riguarderanno soltanto il piano d’appoggio e non i piloni, che sono la parte più importante.
Il progetto di rifacimento del ponte Belvedere – che muove le sue mosse dalla passata giunta comunale di centrosinistra, così com’è, dice al Messaggero il professore Dante Galeota, docente di Ingegneria civile, la “campata centrale interessata dal progetto è quella che sta meglio” e “il ponte non è mai stato oggetto di manutenzione”. L’ateneo, inoltre, secondo il docente, ha rilevato “un ammaloramento della pila, soggetta allo scolo delle acque meteoriche e degli appoggi della campata, che è uno dei primi esempi in Italia di cemento armato precompresso”.
Ci si domanda dunque se forse non sia finalmente il caso di riconsiderare la proposta avanzata dall’ex assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano all’indomani del sisma e della chiusura del Ponte Belvedere: ricostruirlo ex novo, con una struttura snella di acciaio, da affidare a un concorso di progettazione da cui potrebbe nascere non solo un’opera più sicura, ma anche più architettonica e moderna, spendendo qualche euro in più ma guadagnandoci in sicurezza e – perché no bellezza architettonica.