In occasione della Giornata mondiale degli Oceani, celebrata l’8 giugno, il Wwf Italia presenta un report sul “Mediterraneo bollente” e tra le soluzioni indica il rafforzamento della biodiversità marina come scudo contro il cambiamento climatico. Ma l’obiettivo 30/30 è ancora lontano: appena l’8,33% del Mediterraneo è protetto
In occasione della Giornata mondiale degli Oceani, il Wwf Italia presenta il report “Il respiro degli Oceani” che focalizza l’attenzione sul Mar Mediterraneo, una delle aree dove maggiormente si avvertono gli effetti del cambiamento climatico.
Nel report vengono descritte sei problematiche che riguardano il Mare Nostrum: tropicalizzazione del Mediterraneo orientale, aumento delle specie aliene invasive, proliferazione di meduse, perdita delle praterie di Posidonia oceanica, scomparsa delle gorgonie, mortalità di massa della Pinna nobilis.
IL FISH CARBON E IL RUOLO DELLA BIODIVERSITÀ
Eppure è proprio nella difesa della biodiversità la nostra salvezza contro gli effetti del cambiamento climatico: le specie marine a tutti i livelli della catena alimentare contribuiscono allo stoccaggio naturale a lungo termine del “carbonio blu”, trasferendolo dalla superficie alle profondità oceaniche e ai sedimenti. Questo concetto è noto come “Fish carbon”, che rappresenta le interazioni del carbonio tra tutti i vertebrati marini che contribuiscono al sequestro del carbonio negli oceani, tra cui tartarughe, uccelli marini, mammiferi come balene e delfini e pesci come squali, tonni e sardine.
Ad esempio le praterie di Posidonia, oltre a fungere da habitat essenziale per numerose specie marine, sequestrano circa 5,7 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Si stima che le praterie di Posidonia abbiano immagazzinato tra l’11% e il 42% delle emissioni totali di CO2 dei Paesi mediterranei dall’epoca della rivoluzione industriale.
Il fitoplancton, nonostante la sua dimensione microscopica, sintetizza sostanze organiche e genera ossigeno attraverso la fotosintesi, contribuendo a produrre oltre il 50% dell’ossigeno terrestre e a catturare circa 37 miliardi di tonnellate di CO2, pari al 40% di quella prodotta. Questo valore equivale a quello di quattro foreste amazzoniche.
Ogni balena può immagazzinare circa 33 tonnellate di CO2, una cifra sorprendente se confrontata con la capacità di stoccaggio di carbonio di un albero medio, che si attesta a meno di 50 kg all’anno.
Le specie di squali che effettuano migrazioni verticali e orizzontali, come le verdesche (Prionace glauca) e le mante, svolgono un ruolo fondamentale nel trasporto di nutrienti e nel controllo della produzione primaria del fitoplancton.
Grazie alle sue migrazioni orizzontali e verticali, anche il tonno rosso contribuisce a fertilizzare il mare con i propri scarti, aumentando la biomassa del fitoplancton e quindi il sequestro di carbonio e la produzione di ossigeno.
LE SOLUZIONI PROPOSTE DAL WWF
Il Wwf indica nel report diverse soluzioni concrete per contrastare gli impatti del cambiamento climatico, a cominciare dall’abbattimento delle emissioni climalteranti e dalla transizione energetica. È indispensabile inoltre proteggere la preziosa biodiversità del Mar Mediterraneo, che rappresenta un valido scudo contro il cambiamento climatico, garantendo la protezione efficace del 30% del suo spazio marittimo entro il 2030. Questo richiede l’istituzione di una rete efficace e coerente di AMP (Aree Marine Protette) e altre misure di protezione spaziale, di cui il 10% deve essere strettamente protetto.
Questa sfida è particolarmente impegnativa, considerando che attualmente solo l’8,33% del Mediterraneo è protetto e meno del 2% è protetto in modo veramente efficace, mentre la superficie totale delle aree a protezione integrale rappresenta solo lo 0,04% del Mediterraneo.
Inoltre è necessario proteggere i corridoi ecologici vitali per la sopravvivenza di numerose specie migratorie come le balene, favorire lo sviluppo di una pesca più sostenibile e pianificare l’utilizzo dello spazio marittimo, rispettando l’ecosistema marino sotto la guida della Direttiva Europea.
L’Italia purtroppo è ancora in procedura di infrazione per non avere implementato un piano di gestione dello spazio marittimo. Inoltre, mentre l’Unione Europea si impegna nella decarbonizzazione, l’Italia ha concesso deroghe per l’estrazione petrolifera e deve ancora definire le aree adatte per lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore, evidenziando una carenza di prospettiva a lungo termine sia per l’ambiente che per gli aspetti socioeconomici correlati.