Teramo: detenuto sorpreso a parlare con un telefonino in cella

Il Sappe torna a denunciare i problemi delle carceri abruzzesi: a Pescara detenuti provocano un incendio e a Teramo un uomo sorpreso a parlare con un telefonino nella sua cella

Giornata intense, quelle di Ferragosto, nelle carceri abruzzesi di Pescara e Teramo: lo denuncia il Sappe, Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria, riportando in una nota a firma dei segretari provinciali del Sappe di Pescara e Teramo, Giovanni Scarciolla e Giuseppe Pallini, due distinti episodi avvenuti a Pescara e a Teramo che hanno tenuto impegnati gli agenti.

A Pescara nella serata di mercoledì 14 agosto 2024 cinque detenuti di origine magrebina, già protagonisti di situazioni e dinamiche analoghe, si sono barricati in segno di protesta all’interno della propria cella, distruggendola totalmente e appiccando un incendio. Solo l’intervento tempestivo degli agenti di Polizia Penitenziaria ha evitato il peggio, spegnendo l’incendio e ripristinando l’ordine. Gli agenti sono stati aggrediti con graffi, pugni e calci e colpiti con armi rudimentali.

«Nonostante le difficoltà il prezioso intervento degli agenti è riuscito a ripristinare la situazione, fatta eccezione per quattro agenti di polizia penitenziaria, di cui uno privo di conoscenza trasportato con il 118 presso il nosocomio cittadino che ha riportato una lussazione alla spalla e diversi punti di sutura al gomito con una prognosi di 20 giorni», ha dichiarato Giovanni Scarciolla, segretario provinciale del Sappe di Pescara. «Gli altri agenti hanno riportato traumi alla mano, alla spalla e frattura alla mano con prognosi di 15, 10 e oltre 30 giorni. Poteva essere una tragedia per la follia e l’irresponsabilità dei cinque detenuti, ma per fortuna gli eroici poliziotti penitenziari hanno evitato peggiori conseguenze.»

A Teramo, invece, nel giorno di Ferragosto, nel primo pomeriggio, a seguito di un blitz gli agenti hanno beccato in carcere, in flagranza di reato, un detenuto magrebino mentre telefonava con un cellulare all’interno della propria stanza detentiva del circuiti media sicurezza.

«Il Sappe si compiace con gli agenti per l’operazione effettuata, togliendo dalla disponibilità della criminalità un oggetto per compiere illeciti», fa sapere il segretario provinciale de Sappe di Teramo Giuseppe Pallini.

La denuncia del Sappe, per voce del segretario generale Donato Capece, è amara e impietosa e torna a sottolineare con forza le criticità che affliggono il settore carcerario italiano

«Aspettano forse che qualcuno lanci una pistola dentro al carcere o che succeda una tragedia prima di porre rimedio a queste incredibili falle che, se si fosse ascoltato il Sappe per tempo, si sarebbe potuto evitare all’origine, ovvero quando il centro commerciale era ancora in costruzione? Ed è possibile che non si possano schermare le celle delle carceri, i cortili e i saloni dove i detenuti svolgono attività, all’uso dei telefoni cellulari come invece avviene in moltissime se non tutte le carceri europee?», denuncia il segretario regionale Capece, per il quale è necessario intervenire sulla carenza di organico, sulle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, sull’adeguamento delle risorse contrattuali e la dotazione del Taser e della tecnologia a supporto della sicurezza.

Da tempo il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria denuncia le inaccettabili violenze che si verificano nelle carceri italiane: dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza.

Il segretario regionale evidenzia inoltre i problemi connessi alla gestione dei detenuti stranieri («da espellere per scontare la pena nelle carceri dei Paesi di provenienza» secondo Capece), di quelli tossicodipendenti e degli psichiatrici, che per il Sappe non dovrebbero stare in carcere ma in Comunità adeguate.

«La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta», aggiunge il segretario. «Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare interventi adeguati. Inoltre è necessario potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato.
Sarebbe proprio questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine e decine di migliaia di affidati», conclude la nota del Sappe.

Anna Di Giorgio: