I commercianti e i professionisti che dopo il sisma hanno aperto le attività e gli studi professionali lungo via Sallustio e nella zona di Fontesecco adesso temono che la strada venga chiusa e che per loro ricominci il periodo buio del post-sisma.
Il crollo dei calcinacci avvenuta ieri dal ponte, cronaca di un epilogo annunciato (per dirla con il titolo di un famoso racconto di Gabriel Garcia Marquez), preoccupa non soltanto chi sotto quel ponte ci vive, ma anche chi ci lavora. Un episodio che riaccende anche il dibattito sull’abbattimento del palazzo sottostante costruito negli anni Trenta, tornato agibile subito dopo il terremoto, ristrutturato con soldi i soldi pubblici della ricostruzione (e dunque con il rischio, se venisse davvero abbattuto, di attirare la Corte dei Conti). Un’ipotesi che divide la città, ma fortemente sostenuta dalle 30 famiglie che lo abitano e su cui negli anni scorsi ha fatto leva anche la politica in campagna elettorale.
E ora, che cadono calcinacci (ieri si è staccato anche un pezzo grande abbastanza da poter ferire una persona), la riflessione sul suo futuro non può più farsi attendere: un ponte lasciato in balia del suo destino, chiuso al traffico veicolare, senza manutenzione né ordinaria né straordinaria, senza messa in sicurezza, con una progettazione ancora in alto mare nonostante i proclami, il project financing voluto dall’attuale amministrazione comunale dopo l’immobilismo della passata giunta, che nonostante avesse le risorse per ristrutturare non lo ha mai fatto.
E ieri, dopo il crollo dei calcinacci, il vicesindaco e assessore alla Ricostruzione pubblica Raffaele Daniele, ha ribadito l’urgenza di trovare una soluzione: “Sto organizzando un incontro pubblico con i residenti, l’urban center e i cittadini – scrive in una nota – sperando che già nella prossima settimana si possa arrivare a un confronto nel quale verranno spiegate le varie ipotesi progettuali in campo”.
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