“L’unica cosa che ha funzionato negli ultimi anni, davvero, è stata la minaccia di chiudere il traforo del Gran Sasso”. E’ quanto si legge in una intercettazione tra due alti dirigenti di SdP riportata nella richiesta di proroga delle indagini della Procura dell’Aquila sulle condizioni di sicurezza e manutenzione nell’inchiesta che riguarda l’Autostrada dei Parchi A24/A25.
Il capo della Procura aquilana Michele Renzo nelle motivazioni della proroga delle intercettazioni scrive che l’annuncio della chiusura del Traforo del Gran Sasso e l’aumento dei pedaggi “parrebbe essere posto dai vertici del gruppo quale scambio con il Governo centrale per l’ottenimento di benefici, che si traducono nei mancati esborsi da parte del gruppo stesso”. Per domani è previsto il prosieguo dell’udienza preliminare: il Gip si è riservato di decidere sulla costituzione delle parti civili, mentre la difesa di SdP ha annunciato che chiederà un incidente probatorio per verificare i carichi sui viadotti, ma non è escluso che siccome il patron Carlo Toto è ancora ricoverato per covid al San Raffaele di Milano, i suoi legali chiedano un rinvio dell’udienza.
In un’informativa dei Carabinieri dell’Aquila alla Procura si legge anche della “paventata ma poi rientrata chiusura del Traforo del Gran Sasso, utilizzata dal gruppo come vera e propria minaccia o dello ‘spauracchio’ della messa in cassa integrazione forzata dei dipendenti, con conseguente blocco dei lavori di adeguamento, per aumentare il proprio potere contrattuale nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”. L’interesse degli inquirenti si è quindi focalizzato sulle trattative sul rinnovo del Piano Economico Finanziario oggetto di trattativa col Ministero: l’informativa rivela che Strada dei Parchi all’insaputa del MIT avrebbe continuato a lavorare al “piano B” e, cioè, alla riproposizione di una variante su tracciato diverso: tale progetto da 6,5 miliardi era già stato bocciato nel 2016 dal MIT in quanto estraneo alla Concessione dopo polemiche sull’impatto ambientale.
Alla base delle convinzioni degli inquirenti due telefonate del giugno 2019 tra il patron Carlo Toto e dipendenti della Toto Costruzioni e della Infraengineering, società del gruppo, in cui il patron del gruppo descrive la nuova variante nel tratto tra Vicovaro e Carsoli ipotizzando anche lo spostamento della ferrovia che avrebbe potuto costituire un ostacolo. Nel contesto della trattativa tra MIT e SdP sulle tariffe e per il rinnovo del PEF del valore di oltre 3 miliardi di euro, secondo la procura aquilana i sindaci sarebbero stati “imboccati” dai vertici di SdP. A supporto citano una telefonata del 6 giugno 2019 in cui il consigliere provinciale chiama un alto dirigente SdP per correggere la lettera che di lì a poco il movimento di 108 sindaci avrebbe inviato al MIT. Gli inquirenti fanno notare che dall’intercettazione emerge che la proposta dei sindaci ricalcava quella avanzata da Strada dei Parchi qualche giorno prima, il 31 maggio 2019, alla regione Abruzzo. Non solo: il pm Renzo nella sua richiesta di proroga fa notare che le conversazioni stanno vertendo sui due tavoli che SdP ha presso il MIT, uno sul rinnovo del Piano Economico Finanziario di A24 e A25 e l’altro sul salvataggio di Alitalia, per il quale il gruppo Toto stava partecipando ad una cordata di imprese. Scrive il pm: “Quanto detto ha portato i vertici del gruppo a ritenere che l’interesse dimostrato nel salvataggio della compagnia di bandiera abbia in qualche modo ‘ammorbidito’ il comportamento del MIT nei loro confronti”. Il pm fa riferimento ad una conversazione del primo luglio 2019 tra alti dirigenti del Gruppo (entrambi non indagati) in cui il primo “definisce testualmente l’interesse dimostrato dal gruppo nell’affare Alitalia come il ‘do ut des’ per chiudere più facilmente un nuovo e consolidato PEF e ricevere i fondi per la messa in sicurezza delle arterie autostradali regionali”.
Nell’informativa dei carabinieri per la Procura dell’Aquila sull’inchiesta relativa alla A24/A25 c’è un passaggio secondo il quale sarebbe evidente il tentativo di Strada dei Parchi di minimizzare la situazione “con consapevole volontà di celare i reali rischi per gli utenti della tratta autostradale in questione al fine di ricondurre gli interventi necessari al concetto della straordinarietà, si da ottenere i finanziamenti ed i contributi pubblici già, peraltro, previsti da alcune norme ed in parte già erogati, al netto delle somme che la Società prevede per il definitivo piano di adeguamento sismico delle strutture per il quale è ancora in corso l’esame” al Mit “del nuovo Piano Economico Finanziario per importi di alcuni miliardi di Euro”. Ciò ha poi portato la procura a contestare a SdP la mancanza di adeguate manutenzioni sui viadotti. In base ai sopralluoghi svolti dal consulente della Procura, il prof. Salvatori, i carabinieri affermano che “in molti casi il degrado delle armature esterne delle pile è pressoché totale e sfiora il 100%” evidenziando come il perito sottolinei “notevoli condizioni di rischio principalmente di natura statica “, accuse queste ultime che la società ha sempre respinto fermamente e per cui ha preannunciato richiesta di incidente probatorio. Gli investigatori citano anche la relazione del prof. Bontempi, verificatore nominato dal Tar del Lazio in una vertenza tra Mit e SdP, in cui evidenzia “situazioni di allarmante gravità per la sicurezza strutturale e, quindi, per la pubblica incolumità” in diversi viadotti dell’aquilano. Secondo i Carabinieri la stessa società InfraEngineering, del gruppo Toto, avrebbe constatato situazioni tali da costituire “un pericolo (rischio attuale)” e comportare “possibilità di ridurre le capacità portanti (rischio potenziale)” ma poi non avrebbe ritenuto necessari interventi sulle opere. In un’intercettazione tra due ingegneri, il primo, che sembra non fidarsi del proprio gruppo di lavoro per sviluppare i calcoli statici, chiedeva la collaborazione all’altro che, una volta svolti, gli diceva: “scopro che non è verificata sotto i carichi statici…si figuri lei sotto il sisma…”, suggerendo di farne partecipe i vertici “quindi caro Presidente dobbiamo intervenire”. La Procura cita, tra l’altro, una intercettazione tra Carlo Toto e Cesare Ramadori, in cui il primo, riferendosi al fatto che un finanziamento statale da 722 milioni sarebbe stato diretto a lavori per i soli impalcati dei viadotti, diceva: “perché le pile stanno sotto…gli impalcati non sono quelli il pericolo maggiore ma sono le pile no?”.