Reazioni a raffica, dal mondo politico, dell’associazionismo e sindacale abruzzese, alla circolare firmata dall’assessore regionale alla sanità, Verì, con la quale, sotto la forma di “forte raccomandazione alle Asl regionali”, si chiede che “l’interruzione farmacologica di gravidanza con utilizzo di mefipristone e prostaglandine sia effettuata preferibilmente in ambito ospedaliero e non presso i consultori familiari”.
Pd, M5S, Rifondazione, Coalizione Civica Pescara, Cgil: solo alcune delle voci nel coro di reazioni alla circolare targata Regione Abruzzo ( accanto alla firma della Verì c’è quella del Dg della sanità Claudio D’Amario).
“L’Assessore alla Sanità di Regione Abruzzo Nicoletta Verì pensa di aiutare le donne nel già difficile percorso di scelta dell’interruzione di gravidanza complicando l’accesso al relativo farmaco. Dalla sua nota emerge la gravità assoluta della situazione in cui versano i consultori sul nostro territorio regionale. Visto che è l’Assessore stesso ad ammettere, di fatto, che queste strutture non sono nelle condizioni per poter dare il necessario supporto a livello socio-sanitario alle donne in un momento quantomai delicato della propria vita, dovrebbe avere il buongusto di dimettersi immediatamente. È inaccettabile che le conseguenze delle disfunzioni del Sistema Sanitario siano pagate dai cittadini, anche nel momento di massima fragilità, mentre la politica cerca scappatoie di ogni tipo”. Lo afferma il Capogruppo M5S in Regione Abruzzo Sara Marcozzi.
“Siamo di fronte ad un ulteriore attacco ai diritti delle donne: in un periodo in cui sembra che le priorità siano altre, sempre rimane la certezza che ciò che possa essere secondario venga messo da parte. Ad oggi vediamo due episodi che non possiamo non contestare, proprio perché ledono i diritti di noi donne e non solo. Una notizia dell’ultima ora: dopo le Marche, anche il governo dell’Abruzzo si schiera contro il nuovo protocollo del ministero della Salute sull’aborto farmacologico che ha autorizzato la somministrazione della pillola Ru486 presso i consultori”. Lo scrive in una nota Coalizione Civica Pescara.
“E’ inquietante la coincidenza fra la comparsa della volgare campagna anti-aborto nelle vie di Pescara e la decisione della giunta regionale abruzzese di bloccare, per la prima volta, la somministrazione della pillola Ru-486 nei consultori pubblici: è in atto un attacco ideologico al diritto alla salute ed alla libera scelta, che posiziona l’Abruzzo fra le regioni più estremiste e radicali d’Europa. Ma l’Abruzzo non è una regione di estremisti e chi la governa non la rappresenta più”. Lo affermano le consigliere comunali di centrosinistra del Comune di Pescara Marinella Sclocco e Stefania Catalano. “E’ inutile ricordare quanto sia doloroso per la donna il ricorso all’aborto” spiegano le due consigliere comunali “e la sua ospedalizzazione, in un tempo in cui viene proprio rilanciato il ruolo della sanità territoriale, è assolutamente fuori dalla storia, frutto di una visione estremista e ideologica che non appartiene alla grande maggioranza delle donne abruzzesi”.
” Il riordino della rete dei consultori e la garanzia, anche in Abruzzo, della realizzazione delle linee di indirizzo del Ministero della Salute con garanzia dell’esigibilità di un diritto per le donne con piena tutela della salute e della riservatezza”. A chiederlo è la Cgil Abruzzo. “Secondo l’assessora Verì – si legge in una nota – è un provvedimento a favore delle donne viste le modifiche alla normativa che regolamentano l’aborto. Forse l’assessora ignora l’aggiornamento delle linee di indirizzo del ministero della Salute del 13 agosto 2020, che dopo il parere favorevole del CSS e la delibera dell’Aifa, ha rimosso le limitazioni all’impiego della pillola abortiva. Noi donne e uomini della CGIL – conclude la nota – non siamo più disponibili ad aspettare ed a rinunciare ad una conquista frutto di anni di battaglie. Sollecitiamo nuovamente l’Assessora ad avviare un confronto concreto sulla medicina territoriale a partire dalla rete dei consultori pubblici in Abruzzo. Siamo pronti diversamente a mettere in campo tutte le azioni di mobilitazione necessarie a difesa di quello che ribadiamo è un diritto delle donne senza se e senza ma”.
“Siamo di fronte a provvedimenti fotocopia che Lega e a Fratelli d’ Italia brandiscono contro le donne da nord a sud per becera propaganda. Si ritiri il provvedimento emanato recependo pienamente le linee guida del Ministero della Salute. Si potenzino i consultori, dopo anni di tagli dissennati di risorse e servizi. Si dia piena attuazione alla legge 194, una norma di civiltà che ha azzerato gli aborti clandestini e salvato davvero la vita delle donne archiviando “mammane” e “ferri della calza”. Rivogliamo quel orrendo passato di oltre 40 anni fa? La pillola Ru486 non è un veleno e non mette in pericolo la salute delle donne, è un farmaco approvato. Il veleno è nella testa del movimento “Prolife”, di Marsilio e della Verì che non hanno perso occasione per criminalizzare ancora una volta le donne. Invitiamo le cittadine e cittadini a segnalare i manifesti comparsi a Pescara all’Istituto dell’Autodisciplina della Pubblicità per il contenuto ingannevole, falso e privo di fondamento medico-scientifico”. Così Rifondazione comunista.
“Ci troviamo di fronte ad una torsione del discorso pubblico intorno al corpo delle donne che temiamo possa avvitarsi pericolosamente su sé stesso. Dopo l’Umbria e le Marche quindi anche l’Abruzzo a guida centrodestra prova a schierarsi contro il nuovo protocollo del Ministero della Salute sull’aborto farmacologico che ha autorizzato la somministrazione della pillola Ru486 pure nei consultori”: è quanto si legge nel documento approvato dalla Conferenza delle Democratiche abruzzesi a seguito della raccomandazione trasmessa dalla Regione alle Asl sull’uso della Ru486. Le Democratiche abruzzesi scrivono che “con la scusa del ‘benessere della donna’ quello che temiamo è il tentativo di forzare la mano, per motivi ideologici e politici, su questioni di etica pubblica, attraverso forme più o meno evidenti di criminalizzazione (ed evidentemente di ‘contenimento sanitario’) dell’aborto come atto di libertà sul proprio corpo e sulla propria biografia, in un panorama in cui sembrano riemergere alcune forme di nostalgia per un passato governato da certezze patriarcali e sovraniste, che incidono ancora una volta sui corpi delle donne”.