Celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente.
Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso ufficiale per celebrare la tragica ricorrenza. Mentre, infatti, sul territorio italiano, in larga parte, la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave. Un destino comune a molti popoli dell’Est Europeo: quello di passare, direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista. E di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia, ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione, eliminazione dei dissidenti.
«Con l’istituzione del Giorno del Ricordo, l’Italia ha finalmente avuto il coraggio di guardare allo specchio se stessa. Questa giornata serve a tenere viva la memoria di una delle più grandi tragedie che si sono avute a casa nostra, con migliaia di morti gettati nell’ oblio» ha detto Mario Diracca, Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia esule da Fiume con la famiglia. «La tragedia delle foibe è uno dei peccati originali dell’Italia democratica appena uscita dalla seconda Guerra mondiale. Celebrare il ricordo di questo drammatico evento è un’elaborazione collettiva di una delle pagine più angoscianti della nostra storia».