Ma Giovanni Gentile è stato fascista? Tra i nuovi libri pubblicati in Abruzzo c’è “Al di là di destra e sinistra”, Edizioni Solfanelli, un saggio in cui Vito De Luca prova a rispondere alla domanda.
Il libro, fresco di stampa, si chiama “Al di là di destra e sinistra”. Si tratta di un saggio accademico-scientifico firmato da Vito De Luca, dottore di ricerca alla Sapienza di Roma e giornalista professionista, che ha provato a chiedersi se il pensiero di Gentile non vada riconsiderato secondo un profilo liberale, “al di là di destra e sinistra”. Nel volume uscito per la casa editrice teatina, che ritorna su Gentile dopo un titolo precedente, Vito de Luca non nega la lunga e convinta militanza fascista di Gentile, ma indaga anche sulle modalità e sul linguaggio con cui Gentile – filosofo, assessore e ministro (1920-1924) – declinò le parole chiave della politica: democrazia, Stato e libertà.
“Dalla ricerca di De Luca si legge nelle note di presentazione del saggio – emerge che il fondamento che sta alla radice dell’apparato teoretico gentiliano è difficilmente ascrivibile ad una delle categorie politiche, così come sono state conosciute nel ‘900, ma anche che la natura di quest’origine è al di là anche della politica, per ancorarsi a quel linguaggio che si rifà alla grande letteratura del passato (Dante in primis), ma anche alla religione. Nel libro di De Luca non è raro riscontrare, in alcuni degli interventi di Gentile, un richiamo alla religione, tanto da indurre l’autore a definire il linguaggio gentiliano come un linguaggio “biblico”. La novità di questo volume, tuttavia, risiede anche, da un punto di vista storico, nell’avere portato alla luce, per la prima volta, nonostante le numerose biografie apparse sul filosofo, l’attività amministrativa di Gentile al Municipio di Roma, dal 1920 al 1922. Poco prima, dunque, che Gentile venisse chiamato alla Minerva, per ricoprire l’incarico di ministro dell’Istruzione, nel primo governo Mussolini. Il saggio di De Luca, da questo punto di vista, analizza il linguaggio politico di Gentile sia nella sua veste di assessore supplente della giunta capitolina dell’epoca (assessore alle Antichità e alle Belle Arti), sia in quella di consigliere comunale, riportando in appendice tutti i resoconti degli interventi di Gentile nella giunta municipale di quel tempo. Documenti, finora, del tutto inediti e proposti per la prima volta al lettore, e che mostrano un Gentile impegnato – nonostante egli fosse in quegli anni già uno degli intellettuali più noti in Italia e all’estero (e già professore ordinario all’università di Roma) – in questioni cittadine, come il decoro urbano o la mera sostituzione di un custode in un museo. Questioni prosaiche, che portano alla ribalta uno dei più grandi pensatori dell’Occidente, in un’ottica del tutto nuova: quella del politico-amministratore-intellettuale, alle prese quasi quotidiane con i problemi giornalieri (ma non per questo meno rilevanti) di una grande città (Roma, in quel periodo, contava 600 mila abitanti circa)”.