Di fronte a siccità, cambiamento climatico e inquinamento si spendono 480.220 euro per un piano di salvaguardia dell’acqua che, però, la Regione ha tenuto colpevolmente nei cassetti: 17 anni di chiacchiere, commissioni, dichiarazioni e sperperi.
Attraverso una attenta ricostruzione storica, ricerche ed accessi agli atti il nostro Foro permette alla cittadinanza di conoscere la vera storia dell’affannoso e improduttivo iter del piano per l’individuazione delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano. Piano che se approvato in tempo in questi anni avrebbe potuto salvaguardare tanta della nostra acqua dalla voracità di cave ed opifici lasciati senza controlli e limiti a sprecare ed inquinare la nostra acqua.
Nel lontano 2006 con DL n. 152 Norme in materia ambientale l’art. 94 prevedeva l’individuazione, da parte delle amministrazioni regionali, delle aree di salvaguardia delle acque per evitare interventi antropici che potevano compromettere la salubrità e la potabilità di questo bene comune ecosistemico. Gli Enti di governo d’ambito avrebbero dovuto elaborare il piano di salvaguardia di tali aree per poi essere approvato dalle amministrazioni regionali. In 180 giorni si doveva individuare le aree di salvaguardia, definire le aree di rispetto ed anche differenziarle in aree di tutela assoluta, aree di rispetto allargato e aree di rispetto ristretto. Nel 2012 con determinazione n. 23 l’ATO 4 pescarese indice una gara ed il compito viene affidato nel 2013 al Raggruppamento temporaneo di imprese Beta Studio srl di Ponte S.Nicola (PD).
Dopo 5 anni, con deliberazione del Consiglio Direttivo del 25/07/2017 n. 7 l’ERSI acquisisce e approva il Piano di salvaguardia delle acque, strumento che consta di ben 40 tavole grafiche e 11 relazioni tecniche. Tali elaborati vengono prontamente pubblicati sul sito istituzionale.
Un anno dopo con delibera n. 458 del 25/06/2018 la Regione Abruzzo prende atto della proposta dell’ERSI, ma non approva il piano rilevando che, nella definizione delle proposte di normativa tecnica da applicare sulle aree di salvaguardia, l’ERSI si sia limitato a ricalcare le disposizioni già previste dal piano elaborato dalla Beta Studio, senza una precisa distinzione dei vincoli e delle prescrizioni da applicare nelle diverse tipologie di salvaguardia. Sembra proprio un alibi per poter prolungare una procedura per altri fini. In questo modo la Regione Abruzzo demanda al Dipartimento Opere Pubbliche le ulteriori valutazioni di cui sopra e incarica altresì l’ERSI di provvedere alla valutazione dell’incidenza ambientale presso il CCRVIA Comitato di Coordinamento Regionale per la Valutazione d’Impatto Ambientale.
Il Dipartimento Opere Pubbliche dopo sei mesi presenta il proprio lavoro ed osservazioni e il 07/02/2019 con DGR n. 116 la Regione Abruzzo acquisisce il lavoro svolto. Il lavoro proposto viene definito come primo tentativo di risolvere tali aspetti; viene definita, in primo luogo, una nomenclatura terminologica atta a precisare con chiarezza tutti gli aspetti del lavoro proposto. Successivamente si caratterizzano le zone di tutela assoluta, quelle di rispetto ristrette e allargate, delle zone di rispetto aggiuntive e infine quelle di protezione. Vengono definiti vincoli e limitazioni relative a tali aree di salvaguardia, la gestione delle stesse e le aree di salvaguardia delle nuove opere di captazione.
Quindi dopo tanti anni c’erano tutti gli elementi per approvare da parte della Regione Abruzzo il piano delle aree di salvaguardia delle acque, invece si rimanda l’approvazione e viene affidato all’ERSI il lavoro per il “superamento delle criticità” di cui al DGR 458 del 2018 e per l’espletamento delle attività di partecipazione pubblica. (poi svolte il 13 e 14 novembre 2019 per le provincie e sindaci de L’Aquila, Teramo, Chieti e Pescara (non della società civile).
E poi? Poi tutto si ferma! Dopo 17 anni la Regione Abruzzo non è stata in grado di approvare questo importantissimo strumento e nonostante il piano sia stato elaborato non lo approva, ma si limita ad acquisirlo. Questa la sintesi di una travagliata ricerca nella quale abbiamo potuto toccare con mano come lentezze e certe procedure non sono fatte per arrivare al dunque. Altro che trasparenza. Nonostante le continue sollecitazioni verbali ed a 3 azioni di protesta da parte della nostra associazione questa partita non è stata ancora chiusa nemmeno dopo le audizioni dello scorso anno con la Commissione sull’acqua del Consiglio Regionale. Nessuna forza politica e nessun consigliere regionale si è fatto carico del compito di sollecitare tutti gli Enti interessati. Per non andare lontano, la Regione Marche, sebbene anch’essa in ritardo, ha approvato lo stesso piano con DGR n. 847 del 05/07/2021. Se si fosse approvato il Piano di salvaguardia non avremmo dovuto assistere allo scempio di Ofena dove si vuole realizzare una cava da 2 milioni di mc in volume, nell’area di ricarica dell’acquifero del fiume Tirino. Noi continueremo insieme ai cittadini la lotta per la preservazione e gestione pubblico-partecipata del bene comune acqua.