Un manufatto a semplice uso commerciale scambiato, secondo il Comune di Pescara, per edificio dal grande valore storico culturale. C’è qualcosa che non torna nella diatriba tra palazzo di città e Ministero della Cultura che su quella struttura ha posto un vincolo culturale.
“particolarmente significativa in quanto ben rappresenta lo spirito imprendiytoriale della città di Pescara e lo spirito di rinascita dell’Italia post-bellica. Un tassello della storia di quel periodo che ancora oggi prosegue e per l’indubbia qualità intrinseca in termini testimoniali, l’edificio è sicuramente meritevole di tutela”
A leggere le testuali parole contenute nel dispositivo di vincolo del Ministero, l’avvocato incaricato dal Comune di Pescara, Pierluigi Vasile che ha curato il ricorso presentato al Tar, udienza il prossimo 6 giugno e sentenza prevista nel giro di un mese. Quel manufatto, ottenuto in concessione fine anni ’80 dalle Ferrovie, va abbattuto per dare seguito al progetto di riqualificazione dell’Area di Risulta, ma il vincolo del Ministero, tra l’altro giunto pochi giorni dopo la sentenza in favore del Comune, riguardo un vecchio contenzioso con la famiglia Carinci che lì ha svolto attività commerciale senza mai pagare il dovuto canone all’Amministrazione Comunale, rallenta l’iter per l’inizio dei lavori:
“Avrebbe avuto, paradossalmente, più diritto al vincolo l’altro manufatto, quello all’angolo tra Piazza della Repubblica e Corso Vittorio Emanuele, ma facciamo davvero fatica a capire come possaessere di interesse culturale, una sorta di cubo di cemento certamente non costruito nell’immediato dopo guerra. Al di là del contenzioso tra la famiglia Carinci e il Comune, sul quale i giudici si sono già espressi a favore del Comune in ben due gradi di giudizio, tant’è che l’attività lì è cessata, abbiamo ritenuto rivolgerci ai giudici amministrativi per fare chiarezza su un provvedimento, quello del Ministero, assolutamente, dal nostro punto di vista, ingiustificato.”