Al via i lavori per riaprire il Tabor: sarà un centro semi-residenziale per giovani disabili. Ieri è stato presentato il cantiere. Soddisfatto il sindaco Carlo Masci
Il “Centro Tabor” della Fondazione Paolo VI tornerà operativo entro il 2025: diventerà un centro di accoglienza semi-residenziale per 70 giovani disabili, che potranno compiere un percorso assistenziale per essere poi reimmessi nella società. «Giovani che hanno necessità di aiuto – ha dichiarato l’avvocato Peppino Polidori, presidente della Fondazione Paolo VI – Giovani che noi non chiamiamo disabili, ma “giovani speciali” che hanno bisogno di essere aiutati per essere reimmessi in un circolo virtuoso, che li faccia diventare anch’essi protagonisti della società».
Ieri la presentazione del cantiere, con lavori di ristrutturazione, miglioramento sismico ed efficientamento energetico della palazzina di quattro piani che ospita il Tabor. Gli interventi saranno a cura delll’impresa “Coccia costruzioni” di Mosciano Sant’Angelo in 653 giorni, per un importo di 3.306.748,59 euro. I soldi necessari verranno garantiti dal Superbonus 110% e in parte dalle donazioni di un gruppo di imprenditori.
Per il sindaco di Pescara, Carlo Masci, «quello che fa la Fondazione Paolo VI è totalmente a vantaggio della comunità e non possiamo non accompagnare queste iniziative, che aiutano i bisognosi, coloro che chiedono un aiuto e lo ricevono dalle istituzioni in maniera discreta e silenziosa».
Soddisfazione è stata espressa anche dall’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti: «Io – ha raccontato prima di benedire il cantiere – ho conosciuto il primo “ragazzo speciale”, molto più grande di me, quando avevo 13 anni. Da allora quel ragazzo speciale è rimasto sempre presente nella mia vita. Quando sono arrivato qui a Pescara conoscevo già la Fondazione Paolo VI e quel ragazzo speciale, è diventato una marea di ragazzi speciali. E allora non potevo non impegnarmi per questo compito che la Provvidenza, probabilmente, mi ha assegnato».
Per il futuro già si parla di realizzare un orto nel cortile del Centro Tabor, in modo tale da impegnare i futuri utenti della struttura anche in un percorso di reinserimento lavorativo.