Andrea Prospero morto a Perugia, arrestato un 18enne per istigazione al suicidio, un altro è indagato

Svolta nelle indagini sulla morte di Andrea Prospero, lo studente 19enne trovato senza vita nell’appartamento in via del Prospetto a Perugia, lo scorso 29 gennaio, dopo 5 giorni di ricerche

La Procura di Perugia ha emesso un’ordinanza cautelare a carico di un giovane a Roma, un altro è indagato per “cessione di oppiacei”. Aveva confidato ad un ‘amico virtuale’ su Internet ‘ansie e insofferenze’ rispetto alla vita universitaria Andrea Prospero, il 19enne di Lanciano iscritto alla facoltà di Informatica dell’Università di Perugia morto dopo avere ingerito alcuni farmaci. Scelta nella quale sarebbe stato ‘più volte incitato e incoraggiato’ da un giovane appena 18enne residente a Roma, messo agli arresti domiciliari. Un incensurato appartenente a un contesto familiare ‘assolutamente normale’, ritengono gli inquirenti. Prospero gli confidò di non avere il coraggio di suicidarsi ricevendo ‘un ulteriore incoraggiamento’. Nella chat le frasi del suicidio. C’è un altro indagato, per cessione di un medicinale di tipo oppiaceo, negli accertamenti sulla morte di Andrea Prospero. Lo ha specificato il procuratore di Perugia Raffaele Cantone. “Stamani è stata eseguita una perquisizione in Campania – ha spiegato il magistrato – nei confronti di un giovane che riteniamo essere colui che ha venduto il medicinale. Non risponde dello stesso reato (istigazione o aiuto al suicidio – ndr) perché lui non era in grado ovviamente di conoscere la ragione per la quale Prospero lo ha utilizzato”.

“Stai parlando con un morto…”: così il diciottenne agli arresti domiciliari con l’accusa di aver istigato Andrea Prospero a suicidarsi si rivolge ad una terza persona che sulla chat di Telegram aveva fatto una domanda allo studente. La domanda del terzo utente della chat arriva proprio nel momento in cui Prospero e il diciottenne si stavano scambiando in diretta i messaggi, poco prima che si togliesse la vita. E a rispondere è l’indagato: ‘stai parlando con un morto’, gli dice. Nell’ultima conversazione tra Prospero e il giovane romano – emerge dalle indagini – si inserì
anche questa terza persona quando però la vittima aveva già smesso di scrivere. A quel punto la risposta del diciottenne ai domiciliari che – secondo l’accusa – aveva incoraggiato Prospero a “superare la paura” del suicidio e a ingerire i farmaci. Sempre dalle indagini è emerso che Andrea e il diciottenne si erano scambiati messaggi anche i giorni precedenti e che, in una occasione, il ragazzo arrestato aveva suggerito alla vittima anche di utilizzare una corda. Un oggetto che è stato poi rinvenuto nella stanza dove lo studente si è tolto la vita ingerendo degli oppiacei.

‘La morte di Andrea sia un monito contro gli abissi del web’, dice la sorella. ‘Per me è un omicidio’, afferma il padre. La tragedia di Andrea sia “un monito per tanti ragazzi che in rete non trovano l’oceano in cui navigare ma piuttosto un abisso profondo ed estremamente pericoloso”. Lo dice all’ANSA, l’avvocato Francesco Mangano, legale della famiglia di Andrea Prospero, lo studente trovato morto in un appartamento di Perugia. “Sarebbe una magrissima consolazione” aggiunge il legale. “Il vuoto che ha lasciato Andrea è incolmabile – sottolinea la sorella dello studente, Anna – Noi confidiamo nella giustizia e ringraziamo gli inquirenti, gli avvocati e tutte le persone che ci hanno aiutato a far venire fuori la verità e che ci aiuteranno ancora”.

C’è una chat Telegram “particolarmente drammatica” agli atti dell’indagine sul suicidio di Andrea Prospero. “E’ quella di fatto con la quale Prospero scambia messaggi con un’altra persona (il 18enne finito ai domiciliari, ndr) nei momenti immediatamente precedenti l’assunzione dei farmaci – ha spiegato il procuratore di Perugia Cantone – Da questa abbiamo ricavato gli elementi che ci consentono di ritenere che il giovane messo agli arresti domiciliari abbia non solo confortato e incentivato l’idea di Prospero di volersi suicidare ma lo abbia anche incoraggiato nei momenti nei quali manifestava titubanza”. Inoltre “l’interlocutore dello studente avuta notizia che i farmaci erano stati assunti, anziché chiamare i soccorsi, si preoccupava soltanto dei possibili rischi di poter essere identificato, a seguito del ritrovamento del cellulare”.