Insulto o metafora? La seconda, almeno per il giudice di pace Gianna Cipriani che ha assolto l’ex sindaco di Sulmona, Bruno Di Masci, dal reato di diffamazione nei confronti dell’ex consigliera comunale Roberta Salvati
La metafora – derubricata come “politica” – consisteva in una serie di epiteti anche pesanti e che forse, in altro contesto, sarebbero parsi di chiara ispirazione sessista. Non è stato questo il caso, evidentemente, visto che la giudice ha accolto la tesi difensiva dell’ex sindaco: nessun insulto, ma metafora poiché riferita appunto nell’alveo della sfera politica. Dunque il fatto non sussiste.
Nello specifico, come riferisce il quotidiano Il Centro, Di Masci era finito sotto processo poiché, davanti a più persone, avrebbe offeso la reputazione della collega consigliera Roberta Salvati pronunciando al telefono, ad alta voce, alla presenza dei clienti di un locale, le suddette parole e concludendo con … “Dio ci salvi dalla Salvati”. L’ex sindaco si è sempre difeso asserendo di avere proferito quelle parole solo in riferimento alla sfera politica e non sul piano personale, per giunta in un contesto assolutamente privato, cioè nel locale (pubblico, ndr) in quel momento chiuso al pubblico e senza sapere di essere ripreso. Il video, diffuso in consiglio comunale il 12 settembre 2018, era stato girato da una donna presente alla riunione politica in cui sarebbe si sarebbe consumata la presunta diffamazione.
Di Masci, difeso dagli avvocati Silvia Iafolla e Gianfranco Iadecola, così ha commentato all’Ansa:
“Nessun attacco sessista dal momento dal momento che nel linguaggio politico quella parola viene spesso coniata anche per il genere maschile”
L’ex consigliera comunale di Sulmona, Roberta Salvati, appresa la notizia dell’assoluzione, ha commentato:
“Continuerò la mia battaglia nelle sedi opportune perché questo verdetto inaccettabile rappresenta un ulteriore affronto, non solo alla mia onorabilità, di donna e
madre, ma anche all’onorabilità di tante altre donne in qualsiasi ruolo e posizione sociale. Sarà interessante comprendere se il giudice di pace farà proprio l’assunto di Di Masci, considerato che è agli atti del processo la prova che la sottoscritta, all’epoca delle offese, non aveva attuato alcun passaggio politico, cosa che, in ogni caso, avrebbe potuto, al più, giustificare l’appellativo di ‘voltagabbana’, ma non certo quello di *** che evidentemente evoca ben altre attitudini personali e non ha nulla a che fare
con la politica. Lo sconcerto per la pronuncia resa si accresce se si considera che proviene da un giudice donna. Una donna impegnata in politica, da oggi, potrà essere insultata con termini sessisti e denigratori senza conseguenze, il che è grottesco, oltreché inaccettabile”.