La crisi dell’automotive e la mancanza di nuove commesse da parte del management cinese ha messo in allarme i sindacati a proposito del futuro dello stabilimento L-Foundry di Avezzano che, nell’arco degli ultimi dieci anni, ha perso 400 posti di lavoro
Il processo di trasformazione in corso nella fabbrica, produttrice di microchip, che potrebbe compromettere nel tempo la stabilità e lo sviluppo del gruppo, ha indotto le segreterie provinciali di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm L’Aquila a richiedere un tavolo di confronto immediato con la Regione Abruzzo e il Comune di Avezzano. Le maestranze sono fortemente preoccupate di una possibile crisi industriale che, secondo i sindacati, genererebbe una
“paralisi sociale per il territorio, tenuto conto che la rimodulazione del sito, in questo momento, con fatturazione cinese, non garantisce la tenuta occupazionale, con 400 posti stabili persi dal 2013 e oltre 250 somministrati. Purtroppo non sappiamo dove andremo a finire e cosa faremo nei prossimi sei mesi. I prodotti nuovi non sono partiti e continuano a lavorare con l’unico cliente che abbiamo da circa 15 anni – osserva il sindacalista Andrea Campione, rimarcando che – il settore per cui L-Foundry lavora da anni è stato dichiarato strategico”.
La fabbrica produce dispositivi elettronici integrati a semiconduttore (microchip) da oltre trent’anni e rappresenta la seconda realtà italiana del settore. Conta oggi 1288 lavoratori. Ai dipendenti diretti si affiancano e avvicendano, da diversi anni, circa 200 lavoratori somministrati e un indotto di circa 300 figure professionali. La distribuzione di reddito sul territorio, ricordano i sindacati, è notevole: circa 90 milioni di euro di stipendi annui si riversano non solo sulla Marsica, ma anche in Valle Roveto, Valle Peligna, nelle province di L’Aquila, Rieti, Pescara, Napoli, Frosinone, Roma e in Puglia.