Conclusi i lavori della Commissione Regionale su Bussi, presieduta a staffetta da Legnini e Blasioli, la relazione approda nell’aula del Consiglio Regionale.
Dopo 13 anni i lavori di bonifica vanno a rilento, o non sono mai cominciati, complici i ritardi burocratici; inchieste della magistratura ed estenuanti contenziosi giudiziari; un sito di interesse comunitario di 232 ettari che non ha ancora una perimetrazione completa, lasciando fuori aree con ogni probabilità inquinate, su cui mancano analisi delle sostanze e l’individuazione dei responsabili; ed ancora l’assenza di uno studio epidemiologico aggiornato e completo sugli effetti per la salute di circa 400.000 persone che vivono sul territorio e hanno bevuto per anni l’acqua contaminata delle falde. Sono alcuni dei punti salienti che emergono dalla relazione della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale sul sito di Bussi sul Tirino (Pescara), dove è stata scoperta quella che che è stata ribattezzata la discarica più grande d’Europa.
Il lavoro della commissione “Sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino – Tutela della salute dei cittadini, bonifica e reindustrializzazione”, presieduta dal consigliere regionale di opposizione Antonio Blasioli, del Pd, sarà presentato e discusso nel corso della seduta straordinaria del Consiglio regionale che si svolge martedì 4 maggio all’Aquila. Nelle 145 pagine del documento, sul quale è stato mantenuto il massimo riserbo, si invita la maggioranza regionale di centrodestra a vigilare affinché si provveda nel più breve tempo possibile ad un efficace piano di bonifica teso a rimuovere definitivamente a rimuovere definitivamente i veleni: nella relazione si fa un quadro allarmante nello stilare un bilancio su cosa è accaduto in 13 anni, da quando le varie discariche a “servizio” del polo chimico di Bussi, furono scoperte dal Corpo forestale dello Stato, nel 2007 in località “I Tre Monti”, 185 mila metri cubi di inquinanti come cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzeni, metalli pesanti, a cui ha fatto seguito la scoperta di discariche nei terreni tra il paese e l’insediamento industriale: una situazione salita alla ribalta delle cronache come “2A” e “2B”, e poi ancora, a valle e lungo il fiume Pescara, dei siti di piano d’Orta, nel comune di Bolognano.
“Questa situazione – si legge nella relazione – deve far riflettere sul tempo che sarà ancora necessario per avere la bonifica di tutte quelle aree e sugli organici a disposizione di Polizia provinciale di Pescara. Il forte ritardo nella caratterizzazione delle aree, nell’individuazione del soggetto inquinatore e nelle misure di prevenzione o messa in sicurezza, espone l’ambiente ancora all’inquinamento, ritarda una fotografia adeguata del complesso del sito d’interesse nazionale e preclude una quantificazione della somma necessaria per la bonifica dell’intero Sin”. Nella relazione si affronta anche la mancata bonifica, “ordinata” alla Edison dalle risultanze dei lunghi processi, e si sottolinea che non vi è certezza, scritta nera su bianco, che siano ancora a disposizione della Regione Abruzzo i 50 milioni stanziati nel 2011 su iniziativa dell’allora sottosegretario all’Economia con delega al Cipe e alla ricostruzione post terremoto dell’Aquila, l’abruzzese Giovanni Legnini, del Pd, diventato poi vice presidente del Csm e consigliere regionale abruzzese e come tale primo presidente della commissione di inchiesta su Bussi. Ora Legnini è commissario per la ricostruzione del sisma del centro Italia, carica che ha assunto dopo essersi dimesso dal Consiglio regionale. I fondi con i quali l’allora commissario, il compianto Adriano Goio, aveva bandito una gara e affidato il complesso e importante compito, erano stato revocati lo scorso anno dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, del M5S, somma ripristinata poi dal Tar.
Al punto 6 delle conclusioni della Commissione di Inchiesta regionale su Bussi si cita espressamente il ritardo con cui la giustizia civile sta affrontando il problema dei risarcimenti: “Tra i numerosi contenziosi, quelli presi in considerazione sono stati quelli più attinenti ai siti studiati. Tra questi quello del Consiglio di Stato che ha riconosciuto definitivamente Edison come soggetto inquinatore delle aree esterne allo stabilimento e quello in corso avverso la revoca in autotutela dell’aggiudicazione del progetto Goio alla RTI Dec Deme ma tra questi è fondamentale attenzionare quello per il risarcimento civile che da oltre un anno attende lo scioglimento dell’ordinanza da parte del Tribunale. E’ un processo, forse il più importante, che vede ancora il patrocinio dell’Avv. Cristina Gerardis che ha seguito anche la causa penale, perché precede la richiesta di risarcimento danni del MATTM competente per i danni ambientali e della Regione Abruzzo per i danni d’immagine ma nel caso di rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata da Edison, aprirebbe alla possibilità di aderire o intentare un separato processo da parte dei Comuni ed enti che si sono costituiti parte civile nel processo penale”.