“Stante la gravissima carenza d’organico, la direttrice è costretta a fare da poliziotto”. E’ la denuncia della Uil Pa sulle condizioni della Casa lavoro di Vasto. Per i sindacalisti Di Giovanni e Nardella “è arrivata l’ora di dichiarare il fallimento dell’accorpamento del Provveditorato pescarese con quello romano”
Il carcere di Vasto sta “morendo” di carenza organica. E’ quanto sostiene il segretario generale e quello regionale della Uil Pa polizia penitenziaria Abruzzo Ruggero Di Giovanni e Mauro Nardella. “La situazione è tragica a tal punto”, dicono i sindacalisti, “che la direttrice è stata costretta a fare il lavoro da poliziotta pur di garantire il servizio al quarto cancello. Una situazione questa che non ha eguali nella storia dei penitenziari italiani”.
Pagina nerissima quella vissuta al carcere di Torre Sinello. Secondo quanto riferito dal sindacato, su una pianta organica di 99 unità di polizia penitenziaria, a seguito di 52 pensionamenti nei 3 anni, malattie a lungo termine e 22 agenti in aspettative speciali, attualmente la direzione della Casa lavoro di Vasto dispone solo di 15 unità del ruolo agenti e assistenti di cui 6 per il servizio a turno di ben 4 sezioni detentive (di norma, dice la Uil Pa, ce ne vorrebbero almeno 20) e quindi sufficienti a malapena a coprire un solo turno; 4 assistenti per garantire il servizio delle traduzioni e dei piantonamenti (numero addirittura insufficiente per garantire il piantonamento attualmente in corso di un internato straniero senza fissa dimora già evaso in passato).
“Per almeno un mese e in barba a contratti che impongono il riposo settimanale”, denunciano i sindacalisti Uil, “è stato deciso di non dare i riposi al personale. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che la Direzione non ha potuto per oggettiva impossibilità contrattare con le parti sociali la distribuzione del fondo incentivante, la “morte” amministrativa è servita. Stante la situazione deprecabile e che ha superato, senza tema di essere smentiti, la decenza più totale non possiamo che definire altamente fallimentare la scelta fatta qualche anno fa di accorpare il Provveditorato abruzzese con quello laziale. Crediamo”, concludono Di Giovanni e Nardella, “sia giunta l’ora di fare ridisegnare la geografia dell’amministrazione penitenziaria riportando a Pescara la sede dell’ufficio territoriale più importante in chiave regionale”.