Chieti: cellulare sequestrato in carcere, SAPPE “è vera emergenza”

Ieri le salsicce riempite di droga a Teramo, oggi un cellulare in un armadietto a Chieti: per il SAPPE è emergenza nelle carceri abruzzesi. “Non si può continuare così: la tensione che si vive nelle carceri è costante e lo sanno bene gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria”

Un telefono cellulare, perfettamente funzionante, è stato sequestrato nella Casa circondariale di Chieti dal personale di Polizia Penitenziaria. È stato trovato dentro un armadietto. Lo ha reso Giuseppe Ninu, segretario regionale per l’Abruzzo del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe spiegando che durante le operazioni di perquisizione ordinaria del Reparto Detentivo comuni, il personale della Polizia Penitenziaria, insospettito dalle viti delle cerniere lievemente svitate di un armadietto in uso ai detenuti, ha effettuato un accurato controllo togliendo completamente le piastre delle cerniere dell’anta e, sotto la stessa, ha rinvenuto, in un incavo ricavato appositamente, un microtelefono cellulare. “È sempre grazie all’alta professionalità dei Baschi Azzurri di Chieti – commenta Ninu – che ancora una volta si è riusciti a garantire la sicurezza interna dell’istituto. Oramai anche il rinvenimento di cellulari, così come le aggressioni al personale, sta facendo statistica e senza un immediato intervento dell’amministrazione sarà sempre più difficile garantire la legalità e la sicurezza all’interno dei penitenziari italiani. La pur significativa carenza organica del penitenziario viene colmata dalla grande professionalità degli uomini e delle donne della Polizia Penitenziaria, che hanno posto in essere questa operazione di polizia che ha portato frutti. Sulla questione relativa all’utilizzo abusivo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi – conclude Ninu – che mettano in grado la Polizia Penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi, che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo”.

Ieri pomeriggio, intanto, dal carcere di Teramo un pacco di salsicce al gusto di…droga. Destinate al nipote in carcere, guai per una 40enne.

Tra carenze, sovraffollamenti e altri ormai noti disagi è scattato lo stato d’agitazione del personale di Polizia penitenziaria in Abruzzo. Proclamato in maniera unitaria da tutti i sindacati di categoria (Sappe, l’Osapp, la Uil Pa/Pp, l’Uspp, la Fns Cisl e la Fp Cgil) in un documento inviato al Capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, al Provveditore Lazio-Abruzzo-Molise e ai direttori degli istituti penitenziari abruzzesi si denuncia, per l’enneisma volta, “il grave stato in cui versano gli istituti”.

Così uno stralcio della nota dei sindacati: “In questi ultimi anni abbiamo visto un generale peggioramento delle condizioni di lavoro e di vivibilità all’interno degli istituti: uno stato di continua sofferenza dove i diritti soggettivi sono un lontano ricordo. Carenze di organico, sovraffollamento di reclusi, presenza tra questi di soggetti con problemi psichiatrici, ricorso ordinario allo straordinario e una mala-gestione dei detenuti creano le condizioni per far sì che i poliziotti penitenziari siano maltrattati, aggrediti e talvolta perfino malmenati, in un clima di disinteresse da parte dell’amministrazione penitenziaria”.  

 

Per il leader del SAPPE: “Anche a questo hanno portato questi anni di ipergarantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di auto gestirsi con provvedimenti scellerati ‘a pioggia’ come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle Sezioni. E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire, sia sotto il profilo disciplinare che penale, i detenuti violenti, non assumono severi provvedimenti.”.

“Non si può continuare così: la tensione che si vive nelle carceri è costante e lo sanno bene gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria che ogni giorno, nelle galere d’Italia, sono le vittime di aggressioni, umiliazioni, improperi, ferimenti, risse e colluttazioni da parte della frangia violenta dei detenuti. Servono con urgenza provvedimenti. E la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere”.