Il suo ristorante si trova in una piccola isola amministrativa – porzione di territorio comunale circondata interamente dal territorio di altri comuni – in cui, oltre alla sua attività, ci sono solo poche case. Lo strano caso del ristoratore di San Giovanni Teatino “isolato”.
Protagonista della vicenda è Manuel Di Michele, 23 anni, proprietario del ristorante “Artemide” di San Giovanni Teatino. La piccola isola amministrativa in questione è circondata dai comuni di Chieti, Torrevecchia Teatina e Francavilla al Mare. Il giovane ha già pronto il menù per il pranzo del 25 ed è al lavoro su quello di Capodanno. Confermato, con l’approvazione del decreto Natale, che gli spostamenti tra comuni sono vietati, ad eccezione di quelli per far visita a parenti e conoscenti, il ristoratore si è chiesto quali utenti potranno raggiungerlo per il ritiro dei pasti. I suoi clienti abituali, che vivono nel raggio di un paio di chilometri, rispettando alla lettera le prescrizioni, infatti, non potranno farlo.
“Ho aperto alcuni anni fa con il supporto della mia famiglia – racconta Di Michele – e le cose stavano andando nel verso giusto. Poi è arrivata la pandemia, che ha stravolto tutto. Con la riapertura estiva abbiamo ripreso a lavorare in modo intenso. Ho investito per adeguarmi a tutti i protocolli di sicurezza. Avendo spazi piuttosto ampi, pur rinunciando a buona parte dei coperti, sono riuscito a garantire anche fino a due metri di distanza interpersonale tra commensali, con grande soddisfazione dei clienti. Ma gli sforzi sono serviti a poco: dal 26 ottobre la chiusura serale e, poi, con il passaggio dell’Abruzzo in zona arancione, la chiusura totale, che va avanti ormai da oltre 40 giorni”. “Da alcune settimane guardavamo al Natale con fiducia – aggiunge -. Al danno, ora, si aggiunge la beffa: in un periodo in cui si potrebbe lavorare di più, i clienti di sempre, che sono a due passi, ma che vivono formalmente in un altro comune, e tutti coloro che abitano in zona non possono raggiungerci. Lavorare con l’asporto è di fatto impossibile. Qui, lontano dalla città, tra l’altro, i servizi di delivery non arrivano e, di conseguenza, diventa difficile anche organizzarsi per le consegne a domicilio. Dei ristori promessi nessuna traccia, mentre le bollette si accumulano. In questo modo il mio ristorante, su cui ho investito tutto negli ultimi anni – conclude rassegnato il giovane – va incontro a morte certa”.