«Se nel Pnrr la parola chiave della sanità è “territorio”, per la Regione Abruzzo è un territorio svuotato dai protagonisti che dovrebbero solo subire le scelte imposte da chi non conosce ciò di cui parla»: inizia così il documento firmato dai giovani medici della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di Medicina generale, per la provincia di Chieti, con cui il sindacato ha portato alla luce le criticità emerse nel corso dell’assemblea che si è svolta a Lanciano nei giorni scorsi
«La categoria è allo stremo delle forze», denuncia la Fimmg: da un lato schiacciata da un carico di lavoro crescente, esacerbato dalla pandemia, e dall’altro da una carenza di medici e di servizi della sanità pubblica che rischiano nei fatti di compromettere l’applicazione del piano di potenziamento della sanità territoriale.
A farsi portavoce della preoccupazione dilagante di un’intera categoria è Mauro Petrucci, segretario della Fimmg per la provincia di Chieti, che pone l’attenzione anche sul rincaro energetico che inevitabilmente si abbatterà sulla medicina territoriale.
«Temiamo che tutte le innovazioni, come Case della Salute, Ospedali di Comunità e altro rischino di essere solo dei contenitori vuoti e dove i veri protagonisti e attori non saranno i medici di medicina generale. Le mancanze organizzative e strutturali della Regione e delle Aziende sanitarie non sono più accettabili e stridono con i nuovi piani organizzativi, che sembrano un mero esercizio di stile, messo a punto per ottenere i finanziamenti del Pnrr.
È sufficiente pensare che ad oggi, nel 2022, si continua ad osteggiare la volontà dei medici di lavorare in gruppo, così come si impedisce di fatto di accedere alle risorse finanziarie per poter assumere personale di studio e infermieristico, costringendo le nuove leve, che potrebbero apportare innovazione e qualità, a lavorare in una solitudine straziante, asfissiati da una burocrazia crescente che impedisce di poter svolgere con efficacia il proprio lavoro, sottraendo tempo prezioso di cura.»
E se i fondi del Pnrr saranno investiti per le strutture, quelli per personale, attrezzature e gestione dei servizi dovrebbero essere determinati dai risparmi derivanti dal passaggio da una sanità ospedalecentrica a una sanità territoriale, i cui frutti però non si vedranno prima di qualche anno. Preoccupato per un futuro niente affatto roseo, Petrucci richiama infine alla responsabilità politica dei governi regionali che si sono succeduti e che, a prescindere dallo schieramento, non hanno avuto «il coraggio di riprendere un discorso del 2009 relativo all’aziendalizzazione dei quattro principali nosocomi, staccandoli dalle quattro Asl e costringendoli a un pareggio di bilancio con una conseguente diminuzione dei costi della sanità. Se non si costituiranno nuovo forme di associazione, se non si darà personale e non si rivedrà realmente il nostro ruolo sul territorio, io credo che i medici di medicina generale andranno in altre regioni o sceglieranno altre specializzazioni e a farne le conseguenze saranno le aree interne, dove non penso che la soluzione saranno gli infermieri di comunità e le farmacie di servizio.»