Si prospetta l’ipotesi della cassa integrazione straordinaria, per cessata attività, per gli 80 operai dell’Atr, l’azienda di Colonnella in procedura di fallimento dopo la sentenza del Tribunale di Teramo. Nel pomeriggio una riunione convocata dall’assessore regionale alle Politiche del lavoro, Quaresimale, con i curatori fallimentari, Pierluigi Antenucci e Maurizio Valentini, e con i rappresentanti sindacali di Cgil. Cisl e Uil.
“La situazione per come è emersa dalla descrizione dei curatori fallimentari è complessa – ha detto l’assessore Quaresimale – anche se abbiamo ottenuto dagli stessi assicurazione che verranno attivate tutte le procedure per la Cassa integrazione straordinaria per un anno in favore dei lavoratori. Questa soluzione apre due strade: la prima, la più importante, è che i lavoratori non verranno licenziati; la seconda è che abbiamo davanti un anno per trovare società o imprenditori interessati seriamente all’acquisizione del sito industriale e alla ripresa dell’attività produttiva. Allo stato, infatti, nonostante ci siano state alcune manifestazioni di interesse, tutti i tentativi di vendita sono andati falliti”.
“Mi sono impegnato con le parti – ha aggiunto l’assessore – a portare la vertenza sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico e ad interessare i rappresentanti di Confindustria Teramo che in questa fase possono indicare imprenditori interessati a rilevare l’azienda. In questo frangente è prioritario il destino degli 80 lavoratori e predisporre tutti gli strumenti di legge per gli ammortizzatori sociali”.
Dalla riunione è emerso che i lavoratori allo stato sono in cassa integrazione per Covid fino al prossimo 26 giugno, data ultima per fruire del trattamento straordinario. Successivamente, come detto, verrà attivata la procedura di Cassa integrazione straordinaria per cessazione attività della durata di un anno in modo da garantire un ombrello salariale ai lavoratori. Richieste in questo senso sono arrivate dai rappresentanti sindacali, che hanno ribadito anche la necessità di non lasciar disperdere il patrimonio di professionalità acquisito dai lavoratori in tutti questi anni. C’è poi il problema della tenuta dei macchinari presenti all’interno del sito produttivo e non più attivi dal febbraio dell’anno scorso.