Più contagiosa e con 32 mutazioni: la nuova variante Sudafricana, di recente individuazione, è allo studio dell’intera comunità scientifica, impegnata a capire quali saranno le implicazioni sanitarie di questa nuova comparsa sullo scenario pandemico mondiale.
C’è di certo che il nuovo ceppo di Covid 19, scoperto in Sudafrica dove la copertura vaccinale nella popolazione è soltanto al 24%, è più infettivo, che non per questo però significa più aggressivo, se, come fa sapere l’istituto pubblico sudafricano di riferimento sulle malattie infettive, «attualmente non sono stati riportati sintomi insoliti a seguito dell’infezione con la variante e, come con altre varianti, alcuni individui sono asintomatici».
Il nuovo ceppo resta comunque “sotto investigazione” anche nei laboratori abruzzesi che ormai dall’inizio dell’emergenza sanitaria si occupano del sequenziamento del virus, l’Istituto Zooprofilattico di Teramo e il Laboratorio di genetica molecolare dell’Università d’Annunzio di Chieti. Ed è proprio nell’edificio dell’Itab Cesi del capoluogo teatino, dove ha sede il laboratorio dell’ateneo dannunziano, che abbiamo incontrato il professor Vincenzo De Laurenzi, responsabile del laboratorio di biochimica clinica dell’Ud’A.
“Abbiamo già visto come anche la variante Alfa e quella Delta hanno preso il sopravvento in Italia, ma la copertura dei vaccini comunque rimane, perché comunque queste mutazioni non colpiscono completamente la capacità degli anticorpi di riconoscere il virus», ha dichiarato il professor De Laurenzi. «Quello che queste mutazioni fanno spesso è rendere la variante più infettiva. Queste varianti infatti si diffondono molto rapidamente e quindi prendono il sopravvento, proprio com’è accaduto con la variante Alfa, che si è diffusa rapidamente e già i pochi mesi era l’unica circolante in Italia e in Europa. La stessa cosa è poi avvenuta con la Delta, più infettiva dell’Alfa. Chiaramente questo è un problema, perché più persone si infettano più rapidamente. I vaccini continuano comunque a proteggere in maniera importante soprattutto quando il titolo anticorpale si mantiene alto ed è anche per questo che è importante fare la terza dose.
Ora c’è preoccupazione perché in teoria una variante può essere anche più aggressiva, ma quello che sappiamo per ora è che la sudafricana è semplicemente più infettiva, mentre non ci sono dati che sia più aggressiva. Per quanto riguarda la diffusione i virus mutano come tutti gli organismi, ma chiaramente più il virus si riproduce, più si moltiplica e più aumenta la frequenza di questi mutazioni; quindi più il virus circola più aumenta il rischio che insorgano mutazioni e che queste siano importanti”.
Alcune di queste mutazioni hanno poco significato e non modificano la capacità aggressiva e infettiva del virus, ma alcune lo fanno e quando queste si formano chiaramente il virus diventa più infettivo. Quindi è chiaro che il vaccino che riduce in maniera importante la circolazione del virus riduce anche la possibilità che si formino nuove varianti. In Sudafrica la copertura vaccinale della popolazione è molto bassa (24%) e anche per questo probabilmente questa variante è venuta fuori da qui.
“Attualmente in Abruzzo la variante prevalente, se non l’unica, che sta circolando è la variante Delta con delle sotto-varianti con piccole mutazioni che però cambiano poco l’infettività del virus. Quest’ultima variante sudafricana noi non l’abbiamo ancora vista e, a quanto mi risulta, neppure lo Zooprofilattico di Teramo. La settimana scorsa tra l’altro abbiamo fatto un po’ di sequenze per controllare la popolazione ma abbiamo continuato a vedere solo la variante Delta.”