Con un calo di fatturato, per il 2020, che oscilla dal 35 al 60%, con previsioni anche peggiori per la stagione primavera-estate 2021, il settore tessile abruzzese annaspa e chiede sostegni veri.
Per il settore del tessile abbigliamento e pelletteria, Federmoda Cna dà voce alle preoccupazioni e ai timori di una filiera che in Abruzzo vanta circa 1.300 imprese, ovvero un segmento di tutto rispetto dell’imprenditoria regionale.
«Come ha sottolineato in una lettera recente inviata dai nostri vertici nazionali al Capo del Governo e a diversi ministri – sottolinea il presidente regionale Giovanni Di Michele – le varie misure, fin qui introdotte, a sostegno dei diversi settori produttivi non dedicano la dovuta attenzione a questo comparto, che ha un gran peso sulla bilancia commerciale del Paese e rappresenta da sempre un biglietto da visita dell’Italia nel mondo».
La filiera della moda, particolarmente diffusa e vivace nel territorio teramano, nella nostra regione raggruppa circa 700 aziende dell’abbigliamento, 300 della pelletteria, 250 del tessile, 55 del calzaturiero. E se è vero che due soli sono i grandi gruppi, con oltre 200 dipendenti ciascuno e fatturati che superano i 50 milioni di euro, è vero anche che una settantina di imprese superano i 10 dipendenti (con fatturati fino a 50 milioni): il resto è un patrimonio di micro imprese fino a 9 dipendenti e 3 milioni di fatturato.
«Un sistema vitale, ma fragile – osserva ancora Di Michele – che risente delle incertezze provocate dalla pandemia. Proprio per questo bisogna ragionare in termini di certezze, se non ci si vuol ritrovare a fare i conti con un quadro ancora più negativo. Adesso è in gioco davvero la sopravvivenza stessa di questa filiera. Servono misure come una moratoria finanziaria e contributiva per 18 mesi a partire da gennaio 2021, l’adozione degli ammortizzatori sociali per tutto il 2021, agevolazioni fiscali sull’acquisto di prodotti made in Italy nel nostro Paese. La moda è settore ad alta intensità di manodopera, e per essere competitivo ha bisogno di un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale e di flessibilità nell’utilizzo dei contratti a termine e di un taglio contributivo importante per chi stabilizza e forma il personale in azienda».
A colpire duramente il settore, poi, ci si sono messi tempi e modi con cui la crisi da Covid 19 ha colpito: «Forse è bene ricordare, come hanno fatto il presidente e il responsabile nazionale Marco Landi e Antonio Franceschini, che la vita produttiva delle aziende di moda è organizzata sulle collezioni autunno/inverno e primavera/estate. La pandemia, e la conseguente progressiva chiusura del traffico di persone a livello internazionale esploso a fine febbraio in Italia, ha determinato l’interruzione della campagna vendita invernale. Nello stesso momento erano in corso le consegne della primavera/estate 2020, e in questo caso la merce inviata dalle aziende o non è stata ritirata oppure è stata ritirata dai negozianti che dopo pochi giorni hanno dovuto chiudere per il lockdown. Ma mentre nel primo caso i fornitori sono sono stati pagati, nel secondo sono state concesse dilazioni di pagamento. E adesso dobbiamo pure fare i conti con le previsioni per la seconda ondata, che genererà un calo di fatturato per il 2020 che si stima dal 35% al 60%,e su una ulteriore previsione sulla primavera/estate del 2021che va dal 50% al 70%».