Referendum trivelle, vademecum per il voto. Il 17 aprile 2016 gli italiani alle urne per pronunciarsi sul quesito che riguarda le trivellazioni in mare, in particolare sulla durata dei permessi di prospezione ed estrazione petrolifera.
Si vota solo domenica 17 aprile, dalle 07.00 alle 23.00, presso il seggio cui il cittadino risulti iscritto (basta vedere la tessera elettorale). Il referendum popolare, in Italia solo di tipo abrogativo, è lo strumento previsto dalla Costituzione italiana per richiedere la cancellazione di tutta o di una parte di una legge dello Stato. Affinché il referendum sia valido occorre che vada a votare almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto. Affinché la proposta di abrogazione venga approvata occorre che la maggioranza voti “Sì”. Hanno diritto al voto tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto la maggiore età e gli italiani residenti all’estero, secondo le normali procedure di voto; i fuori sede potranno votare nel proprio Comune di residenza o iscrivendosi come “rappresentanti di lista” nel Comune in cui studiano o lavorano. Si vota in tutta Italia, non solo nelle regioni che hanno promosso il referendum. Le urne sono ubicate negli abituali seggi elettorali, all’interno dei quali ci si presenta con documento di identità e tessera elettorale. Questo il testo esatto del quesito sottoposto a referendum:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?”.
In sostanza, votando “Sì” si otterrà la cancellazione della norma che consente alle società petrolifere di continuare le operazioni fino ad esaurimento del giacimento, senza il vincolo del limite di tempo. I promotori del referendum ritengono che se prevalesse il “Sì” le attività
petrolifere andrebbero progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni e non prorogabile fino ad esaurimento del giacimento.