Arrosticini, Coldiretti Abruzzo: “La Dop è l’unico marchio per promuoverli”

Nella “guerra” degli arrosticini Coldiretti Abruzzo dice no all’Igp : “La Dop è l’unico marchio da promuovere per valorizzarli”. L’argomento è stato affrontato da “31 minuti”, la trasmissione di Rete8 e del quotidiano il Centro curata e condotta da Pietro Lambertini

Che non si parli una questione di lana caprina. La battaglia per il riconoscimento del marchio Dop o Igp per gli arrosticini d’Abruzzo è una faccenda incentrata sulla tutela del patrimonio gastronomico regionale, oltre che sulla difesa di un’intera filiera e di un settore, quello della zootecnia, in evidente sofferenza.

«La necessità di tutelare e promuovere l’arrosticino abruzzese, prodotto tipico apprezzato in tutto il mondo, è un’esigenza che si divide tra chi vuole il sostegno dell’economia agropastorale e chi, invece, punta alla semplice valorizzazione di un “simbolo” dell’agroalimentare senza tutelarne la tradizione, il valore intrinseco e l’indotto che la sua “giusta valorizzazione” potrebbe favorire»: è questo il duro commento di Coldiretti Abruzzo in merito alle diverse e contrastanti posizioni nate intorno al riconoscimento del marchio comunitario dell’arrosticino abruzzese, attualmente in attesa di riconoscimento Igp. Per Coldiretti l’unico marchio da promuovere per gli arrosticini d’Abruzzo è quello Dop, denominazione di origine protetta, ben diverso dall’indicazione geografica protetta.
La differenza tra i due marchi sta nel fatto che, diversamente dalla Dop, l’Igp prevede che una sola delle fasi di lavorazione del prodotto finito avvenga all’interno dell’area geografica determinata (in questo caso l’Abruzzo), consentendo dunque l’utilizzo di carni straniere per la produzione dei rinomati arrosticini.

Che il prodotto gastronomico simbolo dell’Abruzzo si basi sull’importazione massiccia di carni ovine estere, più facili da reperire e lavorare, non è affatto una novità, perché quando la domanda supera l’offerta il risultato è che più di tre arrosticini su quattro sono prodotti con carne straniera, come torna a denunciare Coldiretti Abruzzo.
Una contraddizione in termini che è stata anche al centro della trasmissione “31 minuti”, curata e condotta dal giornalista del quotidiano Il Centro, Pietro Lambertini, e trasmessa da Rete8, che ha raccontato il giro d’affari generato dal prodotto tipico abruzzese, che muove un fatturato da 1 miliardo circa, per una filiera che conta 12 mila posti di lavoro. Di quel milione di pecore abruzzesi di dannunziana memoria, che a settembre lasciavano gli stazzi e andavano verso il mare, oggi ne restano poco meno di 2/5, insufficienti a sopperire al fabbisogno di arrosticini, tanto da rendere necessario, come spiega Lambertini nella sua inchiesta, l’importazione di 700 mila pecore straniere, la cui carne, più grassa, viene considerata più adatta alla produzione dei gustosi arrosticini.
Nella battaglia per il riconoscimento del marchio comunitario, Coldiretti si schiera dunque con la Dop: l’utilizzo di carne di ovini allevati in regione, garantirebbe infatti la vera origine abruzzese dell’intera filiera, con risultati e vantaggi per tutto il settore zootecnico, che vive una profonda crisi e una drastica diminuzione dei ricavi e degli operatori.

«Se da una parte l’arrosticino conquista piazze e mercati internazionali, dall’altra la zootecnia abruzzese deve fare i conti, ogni giorno, con gli insostenibili prezzi di gestione, le conseguenze del cambiamento climatico e il fisiologico abbandono dell’attività da parte dei pastori che oggi sono meno di mille e governano un patrimonio di circa 190mila capi adulti, di cui un terzo destinati alla produzione dei rinomati “spiedini” di pecora», rimarca Pietropaolo Martinelli, presidente di Coldiretti Abruzzo e allevatore ovino che si appella alla politica regionale, chiedendo di non indietreggiare per logiche di mercato o per favorire la produzione industriale. «Oggi più che mai è necessario prendere una posizione chiara per presentare a Bruxelles la Denominazione di origine protetta con l’obiettivo di salvare un settore e riportarlo allo splendore che merita, ma anche per permettere al consumatore di poter scegliere un arrosticino fatto veramente con carne abruzzese e non semplicemente macellata o confezionata in Abruzzo.»

Sarebbe un passo in avanti per tutelare il patrimonio enogastronomico regionale e rendere appetibile il settore zootecnico con la creazione di nuovi posti di lavoro.

 

Antonella Micolitti: