Disavanzo Sanità in Abruzzo: arrivano i primi tagli

Oltre 120 milioni di disavanzo nel Sistema Sanitario Regionale, non bastano i 68 milioni stanziati in Consiglio Regionale, bisogna che ogni Asl cominci ad usare più che il bisturi, la mannaia sulle spese.

E’ il caso dei lavoratori impegnati nel servizio di facchinaggio nei presidi ospedalieri della Provincia di Chieti. Qui l’appalto, affidato alla Dussmann Service ed in subappalto alla Cooperativa Auriga, scade nel 2025, ma già nei giorni scorsi, dalla Direzione Generale della Asl di Lanciano, Vasto, Chieti è partita la comunicazione di un taglio di almeno il 50% degli orari di lavoro per i circa 70 dipendenti che già svolgono un’attività quasi totalmente part-time. Più volte sollecitata dai sindacati l’azienda non risponde, da qui l’annuncio dello stato di agitazione, ma anche la richiesta di un incontro urgente con il Prefetto perché a rischio, più che altro, sono servizi essenziali per la salute dei cittadini:

“Qui parliamo di operatori ausiliari – spiega Elena Zanoli della Filcams Cgil di Chieti – che svolgono attività fondamentali come la preparazione e distribuzione dei farmaci per i pazienti, il trasporto, tra i vari reparti, di provette e analisi, un taglio drastico su questo sistema rischia di provocare un corto circuito nel regolare svolgimento delle attività sanitarie a danno degli stessi pazienti.”

Del resto appare inevitabile, se si vuole ridurre il più possibile un disavanzo strutturale, al di là di ristori d’urgenza, e allo stesso tempo, come annunciato nei giorni scorsi dall’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì, non si vogliono introdurre nuove tasse per i cittadini, in qualche modo è necessario rientrare e così le varie Asl sono costrette ad operare tagli significativi:

“La Asl 2 di Lanciano, Vasto, Chieti – spiega ancora la Zanoli – deve rientrare di circa 50 milioni di euro e pensa bene, piuttosto che puntare sui veri sprechi, di colpire quelle spese che a torto ritiene aggredibili. La riduzione degli orari a cascata provocherà la perdita di lavoro per molti di questi lavoratori che da almeno 20 anni garantiscono un servizio, con stipendi già fortemente esigui visto il regime di part time, in ogni caso essenziale.”