Tutti assolti “perché il fatto non sussiste”. Si è concluso così, ieri sera, il processo che vedeva imputati l’ex rettore Luciano D’Amico, l’ex preside di Scienze della comunicazione Stefano Traini e il professor Mauro Mattioli nella sua veste, all’epoca dei fatti, di direttore generale della fondazione dell’Ateneo.
L’inchiesta per la quale D’Amico era finito a processo è quella relativa al doppio incarico come Rettore dell’università di Teramo e presidente del cda dell’Arpa Spa (e successivamente della Tua). La Procura, titolare del fascicolo il pm Davide Rosati, gli contestava di aver percepito indebitamente, tra agosto 2014 e febbraio 2017, una somma di 57mila euro. E questo perché, sempre secondo la Procura, avendo assunto l’incarico all’Arpa e poi alla Tua (svolto gratuitamente), avrebbe smesso di fatto di svolgere l’attività di docente a tempo pieno, requisito che la legge prevede come necessario per poter ricoprire la carica di Rettore. A D’Amico, inoltre, in qualità di Rettore, la procura contestava anche l’accusa di peculato per la consegna, nell’ambito della cerimonia “Welcome Matricole” del novembre 2013, di 10 tablet di proprietà dell’università, a titolo di riconoscimento, al personale tecnico di supporto all’intervento degli artisti Ficarra e Picone.
Accuse cadute in aula, così come sono cadute anche quelle a carico del professor Mauro Mattioli, al quale veniva contestato un episodio di peculato nella sua allora veste di direttore generale della
Fondazione dell’ateneo, e dell’ex preside di Scienze della comunicazione Stefano Traini al quale veniva contestato un episodio di abuso d’ufficio. Il collegio difensivo era rappresentato dagli avvocati Tommaso Navarra, Gennaro Lettieri e Renzo DI Sabatino.
“La granitica formula assolutoria testimonia più di ogni altra considerazione la piena lealtà degli imputati – commenta l’avvocato Navarra – che hanno sempre servito con dignità e onore le istituzioni. In questi lunghi anni abbiamo avuto modo di verificare l’assoluta correttezza e la limpida trasparenza dell’azione amministrativa posta in essere da tutti e tre gli imputati e oggi l’esito processuale ne attesta formalmente la verità storica”.