Dieci domande al presidente Nicola Mattoscio rivoltegli da Luciano D’Alfonso sulla Fondazione Pescarabruzzo. Riceviamo e pubblichiamo
1) Nel corso di questo mese la stampa, non solo torinese, ha dato ampio risalto alla competizione svoltasi a Torino per l’elezione del Presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio (CRT). Sono stati resi noti i candidati, i progetti, i tempi e i modi dell’elezione. A Pescara avremo mai la possibilità di assistere a qualcosa di analogo?
2) Come mai nel caso della Fondazione Pescarabruzzo non si rende noto neppure il tempo della scelta da parte dell’organo competente, ma si dà notizia della scelta solo a cose avvenute, neppure si trattasse del Consiglio dei Dieci nella Repubblica di Venezia?
3) A proposito della forma della scelta, sin dall’alba dell’organizzazione politica della città la nomina e l’elezione sono istituti distinti. Perché nel caso della costituzione materiale della Fondazione Pescarabruzzo il sentire collettivo della comunità non distingue l’una cosa dall’altra?
4) Una volta terminato anche questo mandato triennale, diremmo consuetudinariamente rinnovato quasi “suapte natura”, sarà possibile al professor Mattoscio migrare nel ruolo di Segretario Generale, in attesa che tornino a maturare il tempo della rieleggibilità a Presidente?
5) Questa notte ho sognato che l’avvocato Di Baldassarre voleva diventare presidente della Fondazione Pescarabruzzo e che, malgrado lunghe giornate di valutazioni sul come raggiungere l’obiettivo, alla fine doveva prendere atto della sua impossibilità, dovendosi e volendosi comunque escludere dal campo delle ipotesi praticabili quelle che il codice penale fa rientrare nella fattispecie dei delitti contro la persona. Il sogno si è concluso con la visione dello sconforto del professionista. Nella realtà le cose sarebbero andate diversamente?
6) Sul piano delle scelte, visto che non v’è stato dibattito pubblico sugli obiettivi per il prossimo triennio, cosa intende fare la Fondazione per contrastare il fenomeno dilagante delle nuove povertà, in particolare nel caso delle persone separate e divorziate?
7) Se chi rivolge queste domande, con l’aiuto di altri volenterosi bendisposti, istituirà una casa della dignità, ovvero una mensa e uno spazio di qualità per coloro che vivono nella povertà separazioni e divorzi, la Fondazione potrà affiancare negli anni a venire la vita di questa iniziativa?
8) Sul piano della trasparenza è possibile che la Fondazione metta a disposizione della comunità elementi di conoscenza documentale che vadano oltre la quasi illeggibilità di certe stringate comunicazioni di bilancio?
9) Perché malgrado la mia antica amicizia e la mia perdurante stima di Nicola Mattoscio, sono il solo nella comunità pescarese a porgli pubblicamente queste domande e a promuovere un tentativo di animare ulteriormente la sua riflessione sull’opportunità del durare senza limiti nel vertice di una realtà che appartiene a tutta la società?
10) Le aspettative connesse alle borse e al funzionamento del Premio NordSud promosso dalla fondazione possono aiutare a rispondere alla domanda precedente? A questo proposito, qualcuno non potrà maturare l’errata convinzione che tale premio coincida con quello conferito dal Consiglio d’Europa, col rischio di generare un conflitto con tale prestigiosa istituzione?