Ha sfruttato anche l’emergenza Covid 19 l’associazione a delinquere bloccata dalla Finanza di Pescara per frodi e truffe. Sequestri per 12 milioni di euro
Le indagini delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Pescara, su delega della Procura, hanno consentito di individuare gli elementi tipici di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati.
Oltre 50 Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pescara hanno eseguito, dalle prime ore della mattina, un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Pescara, oltre a diverse perquisizioni disposte dal Sostituto Procuratore Andrea Di Giovanni.
Oggi sono stati sequestrati conti correnti, un aeromobile, decine di auto d’epoca e oltre 100 immobili siti tra le province di Pescara, Chieti, L’Aquila e Teramo, risultati essere in possesso degli indagati.
Secondo l’ipotesi investigativa il sistema fraudolento è stato realizzato da una famiglia imprenditoriale pescarese, con la collaborazione di un commercialista con studio nel Chietino.
I reati ipotizzati sono l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, l’illecita somministrazione di manodopera, la truffa ai danni dello Stato per indebita percezione di contributi pubblici legati all’emergenza Covid, l’intestazione fraudolenta di valori, l’autoriciclaggio, il riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti.
Si configura un vero e proprio sistema di pianificazione fiscale attraverso il quale le compagini societarie dotate di effettiva consistenza aziendale (le cosiddette “good company”) utilizzavano le fatture emesse da società cartiere prive sia di struttura logistico-amministrativa che di consistenza patrimoniale/finanziaria (cooperative di manodopera e Srls che fungevano unicamente da
“serbatoi” di forza lavoro). L’obiettivo era raggiungere il punto di pareggio, in cui costi e ricavi di un’azienda sono equivalenti – break even point, da cui il nome dell’operazione della Finanza -, con lo scopo di ridurre artificiosamente il carico impositivo.
L’articolato schema prevedeva l’instaurazione di rapporti di lavoro da parte di società che, rimanendo in attività per un breve periodo di tempo, assumevano in blocco i medesimi dipendenti, essendo di fatto amministrate dal dominus dell’associazione per delinquere e mantenendo rapporti di committenza con controparti commerciali sempre riferibili al medesimo sodalizio criminale.
In questo modo le società che hanno utilizzato le fatture per operazioni inesistenti hanno potuto ridurre al minimo il loro carico fiscale, così sottraendosi al pagamento delle imposte e addirittura riuscendo a rientrare anche nei parametri richiesti dalla normativa emergenziale per la pandemia da Covid-19 per ottenere contributi a fondo perduto stanziati con il fine di aiutare le imprese in difficoltà.
Al fine di rendere più difficoltosa l’individuazione dei proventi illeciti del sistema fraudolento, il sodalizio ha utilizzato anche conti correnti in Germania, Olanda, Lituania e Regno Unito, individuati mediante l’attivazione di Ordini Europei d’Indagine.
I profitti illeciti generati ammontano a oltre 12 milioni di euro, per lo più reinvestiti in beni immobili intestati a Onlus fittizie per occultare l’ingente patrimonio illecitamente acquisito.