Minori, anziani e disabili, sono queste le categorie fragili d’Abruzzo che beneficeranno della Proposta di legge del Vicepresidente del Consiglio regionale Domenico Pettinari presentata questa mattina in conferenza stampa.
Una norma che va ad agire sui servizi e sulle strutture socio assistenziali della regione, ridefinendo i parametri delle autorizzazioni e degli accreditamenti per garantire qualità, efficienza, principio di terzietà ed eliminare i potenziali sistemi corruttivi. Una vera e propria riforma del sistema che secondo il Vicepresidente “non è più procrastinabile a causa del pressapochismo di chi si è alternato alla guida di Regione Abruzzo, dal 2001 fino ad oggi, lasciando nel caos un sistema che dovrebbe favorire e sostenere proprio le fasce più bisognose di aiuto ed eccellere per trasparenza ed efficienza”.
“In Abruzzo – spiega nel dettaglio Domenico Pettinari – non c’è una norma regionale che definisca in maniera inequivocabile le caratteristiche oggettive ed i parametri necessari entro cui devono essere classificate le strutture ed i servizi socio assistenziali che sono autorizzati dai Comuni ed accreditati dalla Regione. Le poche regole si rifanno al Decreto Ministeriale 308 del 2001 in cui però si trovano esclusivamente linee guida, poiché il DM demandava proprio alle Regioni la definizione di una legge e di un regolamento applicabile sul territorio. La Legge regionale abruzzese, che avrebbe dovuto assolvere questo compito, è la LR 2 del 2005, una norma mai resa operativa per via della mancanza di un regolamento e che ormai risulta anacronistica ed inapplicabile poiché contempla vecchi fondi statali e soggetti che non esistono più, come ad esempio la Provincia. Infatti il sistema prefigurato dalla L.R. 2/2005, non ha trovato piena attuazione anche a causa dell’evolversi delle norme regionali in materia sanitaria e socio sanitaria che si sono succedute dal 2007 ad oggi, ( L.R 32/2007, la L.R.5/2008, la L.R. 12/2013) le quali hanno disciplinato il percorso di autorizzazione e di accreditamento di strutture e di servizi sanitari e socio sanitari con modalità diverse da quelle prefigurate dalla L.R. 2/2005, generando una inevitabile limitazione alla predisposizione dei successivi atti regolamentari e alla definizione dei requisiti, procurando non poche difficoltà operative nei confronti dei soggetti gestori e dei soggetti deputati al rilascio delle autorizzazioni, ossia i Comuni.
Un vero e proprio loop normativo che nei fatti si traduce in caos totale sia per le strutture che devono richiedere le autorizzazioni, ma anche per i Comuni che sono l’Ente preposto al loro rilascio: l’Abruzzo, sull’aspetto dell’offerta socio assistenziale, è una vera e propria terra di nessuno. Ad aggiungere scompiglio al caos è la mancanza di un’anagrafe aggiornata delle strutture: non sappiamo con contezza quante siano quelle presenti sul territorio che hanno autorizzazione e accreditamento e questo rende ancora più difficili i controlli. Inoltre senza l’anagrafe è quasi impossibile prevedere una copertura del territorio adeguata e rendere l’offerta equamente distribuita in tutte le quattro province. Parliamo di strutture che come requisito minimo, almeno secondo la nostra proposta, devono essere situate in un luogo che permetta partecipazione alla vita sociale del territorio; Spazi destinati ad attività collettive; Presenza di figure professionali sociali, educative e sanitarie qualificate in relazione alle caratteristiche e ai bisogni dell’utenza ospitata; presenza di un Coordinatore responsabile della struttura in possesso di adeguato titolo di studio e di specifiche professionalità; Predisposizione, per ciascun ospite, di un Piano di Assistenza Individualizzato (PAI) e, per i minori, di un Progetto Educativo Individuale (PEI), con indicazione degli obiettivi da raggiungere, dei contenuti e modalità dell’intervento, nonché delle verifiche periodiche. Ma non tutte le strutture che attualmente operano nella nostra regione presentano queste caratteristiche, sarà, quindi, necessario riadeguarle ai nuovi i requisiti e fissare le modalità di verifica e controllo, affinché, anche nella nostra regione, vi siano le norme che regolamentano i servizi e le strutture socio assistenziali che assistono minori, anziani, disabili, donne vittime di violenza e minori stranieri non accompagnati.
Con questa riforma – afferma ancora Pettinari – vogliamo quindi resettare il caos creato in precedenza, uniformare le procedure e i termini di autorizzazione e di accreditamento e andare a definire con una norma attuale e applicabile i criteri per ottenere le autorizzazioni e le modalità per rilasciarle. Il testo agisce anche su tutti i servizi alla persona, che sono svolti e assicurati da cooperative sociali e associazioni di volontariato. Non è più possibile brancolare nel buio normativo e questa esigenza si è rivelata con maggiore intensità a causa dell’emergenza Covid-19 che ha messo la popolazione della nostra regione in uno stato di allerta, ancora in corso, sia dal punto di vista sanitario sia dal punto di vista economico, con significative ricadute in ambito sociale, che hanno principalmente coinvolto le fasce di popolazione che già vivevano in condizioni di bisogno, di povertà, di isolamento o malattia. Nella difficoltà di affrontare un fenomeno del tutto sconosciuto come la pandemia, assieme ai Servizi sanitari, sui quali i fari mediatici si sono maggiormente accesi, sono stati i Servizi sociali dei Comuni a sostenere le fasce di popolazione più fragili, non soltanto recependo le indicazioni arrivate dal livello centrale, ma anche ripensando e riorganizzando i propri servizi e mettendo in campo inedite forme di vicinanza alle persone, alle famiglie, in alcuni casi coinvolgendo attivamente la comunità locale. I Comuni, anche a livello di ambito territoriale, in assenza di regolamento regionale, si sono trovati a dover avviare numerosi servizi e iniziative nei propri territori per rispondere alle necessità della popolazione, ma l’assenza di requisiti e criteri certi ha reso tutto più difficile e a volte pericoloso. Si pensi alle case di riposo che ospitano i nostri anziani, falcidiate dalla pandemia. Si pensi ai centri per disabili che hanno dovuto chiudere i battenti, mandando a casa assistiti ed operatori. Anche i centri antiviolenza e le case rifugio per donne maltrattate sono state chiuse, obbligando le donne a rimanere nelle loro case insieme ai loro carnefici. È dunque evidente che le strutture residenziali Assistenziali, le Residenze per Disabili, le Case di riposo e tutte le strutture sociali in ambito territoriale necessitano di un intervento mirato e risolutore. La mia proposta è stata depositata in Consiglio regionale, mi auguro che Lega, Fratelli D’Italia e Forza Italia la mettano nel calendario dei lavori di commissione il prima possibile. L’Abruzzo ha atteso troppo tempo un provvedimento che agisse sul settore, ora c’è ed è necessario che sia approvato in tempi brevi per far uscire l’Abruzzo dal buio” conclude.