Diffuso oggi, Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione, un report che pone l’Abruzzo, Regione Verde d’Europa, a rischio per le siccità prolungate
Nella nostra regione il rischio di desertificazione entro il 2100 è elevato a causa di potenziali siccità prolungate, sia meteorologiche che
idrologiche. Evidenti le conseguenze sull’agricoltura e sulla produzione di energia da idroelettrico, tuttora prima fonte rinnovabile del territorio. È quanto emerge – in occasione della Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione – da una ricerca dell’Università d’Annunzio che ha analizzato le portate dei fiumi, le precipitazioni e le temperature a partire dal 1985. Determinando le variazioni passate, la ricerca ha posto le basi per delineare i cambiamenti futuri fino 2100.
La ricerca – pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Challenges – è del dottorando Moshin Tariq, della ricercatrice Eleonora Aruffo e del docente Piero Di Carlo. Per lo studio è stato applicato al territorio abruzzese un modello idrologico Swat che integra i dati osservati di portata dei fiumi, dati meteorologici (temperatura e precipitazione) e altri come evapotraspirazione, uso e gestione del suolo, stoccaggio di
acqua e bacini idrici.
Per le proiezioni climatiche future sono stati applicati cinque modelli climatici globali prendendo in considerazione due scenari, uno scenario business e uno di politica climatica peggiore, in cui l’aumento delle emissioni e la produzione di energia aumentano senza alcun controllo. Tra i bacini fluviali abruzzesi lo studio si è concentrato su quello dell’Aterno-Pescara, essendo il più importante per estensione – lungo152 km con un bacino idrografico di 3.190 km quadrati – e portata.
I risultati della ricerca indicano un aumento della temperatura in tutti gli scenari, accompagnato da una diminuzione delle precipitazioni e della portata del fiume Pescara.
In merito alle precipitazioni si passerà da circa 800 mm/anno in media di precipitazione del 1985 a 693 mm/anno nel 2050 e a 611 mm/anno nel 2100. La portata del fiume Pescara diminuirà: nel 1985 il fiume portava a valle 95 mila metri cubi di acqua al giorno, nel 2050 tale valore potrebbe scendere a 74 mila e nel 2100 a soli 60 mila.
La ricerca ha anche effettuato un’analisi degli indici di siccità e i risultati mostrano potenziali siccità future frequenti, gravi e prolungate: siccità meteorologiche che potrebbero durare tra i 105 e i 163 mesi e siccità idrologiche superiori a 100 mesi fino a 150 mesi. Lo studio fornisce spunti cruciali per i decisori politici, sottolineando la necessità di strategie che affrontino gli impatti del cambiamento climatico
sulle risorse idriche per la sostenibilità.
Volendo allargare il discorso a tutto il Paese, anche la Community Valore acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti ha definito preoccupanti i livelli raggiunti dalla siccità in tutto il paese. Nel 2022 è stata registrata la perdita del 51,5% delle risorse idriche rinnovabili, rispetto alla media storica dal 1950.
Nel 2023 le temperature in crescita e gli effetti dell’azione dell’uomo hanno prodotto nuova pressione sulla risorsa idrica.
Le regioni ad alto stress idrico sono ben 12, con il Sud ai primi posti, e sono destinate ad aumentare: Basilicata, Calabria, Sicilia e Puglia sono le più esposte in assoluto, seguite nell’ordine da Campania, Lazio, Marche e Umbria, Toscana, Molise, Sardegna e Abruzzo.
Gli esperti – riporta la Community Valore acqua – stimano che entro il 2030 lo stress idrico si intensificherà ulteriormente in alcune regioni
italiane, con un incremento dell’8,7% in Liguria, del 6,1% in Friuli-Venezia Giulia e del 5,7% nelle Marche.
A livello europeo, la penisola si colloca come quarto Paese dell’Ue per stress idrico, con un indice di 3,3 su 5. Solo Belgio (4,4), Grecia (4,3) e Spagna (3,9) presentano valori peggiori.
Due settori in particolare sono maggiormente colpiti dal riscaldamento globale e dalla siccità: l’agricoltura e l’idroelettrico. L’agricoltura italiana, sottolinea l’analisi, sta affrontando una crescente scarsità d’acqua che mette a rischio la produzione alimentare e la sostenibilità delle attività agricole. La produzione di miele si è ridotta del 70%, del 63% quella delle pere e del 60% le ciliegie.
L’idroelettrico sta soffrendo a causa della riduzione delle risorse idriche, compromettendo la capacità del Paese di soddisfare la domanda energetica attraverso fonti pulite. Il 2022 è stato un anno nero. Le precipitazioni totali sono drasticamente diminuite, e il manto nevoso ha registrato un deficit del 60% rispetto alla media del decennio 2010-2021.
A causa delle elevate temperature, solo il 13,5% delle piogge ha
contribuito alla ricarica delle falde acquifere. Questo fenomeno desta ulteriore preoccupazione, poiché si prevede che la risorsa idrica rinnovabile si ridurrà ulteriormente del 40% entro il 2100, con picchi di riduzione del 90% nel mezzogiorno d’Italia.
La quantità d’acqua persa nel 2022 – rileva il Libro bianco della Community Valore acqua – è pari a quella necessaria per irrigare circa 641.000 ettari di terreno, un’area corrispondente all’intera superficie agricola del Lazio. Inoltre, equivale all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, ovvero gli abitanti di Lombardia e Piemonte, e alla quantità utilizzata dalla produzione di 82.000 imprese manifatturiere, il tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.
“La situazione idrica in Italia – spiega Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European House – Ambrosetti – richiede un’azione immediata e concertata. È necessario un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti. È importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, per ottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua, attivando il 20% dei volumi potenzialmente sfruttabili già presenti nelle grandi dighe italiane”.
La delegata WWF Italia per l’Abruzzo, Filomena Ricci, interpellata dall’ANSA per commentare i dati allarmanti della ricerca dell’Ud’A Chieti-Pescara, ha detto che occorre realizzare piani regionali settoriali e piani comunali per l’adattamento ai cambiamenti climatici:
“Dopo l’approvazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) nello scorso dicembre – spiega la Ricci – si apre la fase finalizzata a garantire l’immediata operatività del Piano mediante il lancio delle azioni. Si tratta di una priorità strategica per tutto l’Abruzzo, se non si agirà immediatamente individuando le azioni da compiere, i costi per la ricostruzione dai danni dei sempre più probabili eventi estremi saranno infinitamente più grandi, per non parlare dell’eventuale incalcolabile perdita di vite umane. Già ora i cittadini e le imprese abruzzesi stanno iniziando a pagare di tasca propria le conseguenze dei ritardi nella prevenzione ai cambiamenti climatici. Individuare e realizzare le misure per rendere più sicura la vita, la casa e il lavoro degli abruzzesi dagli effetti dei cambiamenti climatici è quanto mai urgente”.
Tornando ai piani regionali e comunali, per il Wwf Abruzzo sarà importante calare tale attività a livello locale, coinvolgendo, supportando e incentivando i Comuni nella redazione di piani comunali per l’adattamento ai cambiamenti climatici che si integrino non solo con i piani di protezione civile, ma anche con i piani regolatori e individuino azioni concrete da finanziare per prevenire e abbassare i rischi legati agli incendi, alle instabilità e alle fragilità idrogeologiche, all’erosione marina, alle alluvioni e inondazioni.
“A mero titolo di esempio, tra le azioni da prendere in considerazione in una regione come la nostra non può non esserci l’adeguamento della pianificazione costiera all’innalzamento del livello medio del mare, agendo sia sui fenomeni erosivi in atto con un approccio integrato e sistemico, sia evitando che vengano realizzati nuovi stabilimenti e strutture fisse sulla fascia più vicina al mare. Proprio il contrario di quello che sta accadendo nel territorio della Via Verde, dove si rendono permanenti strutture che avrebbero dovuto essere stagionali e si autorizzano nuovi stabilimenti balneari fissi. È solo una casualità – conclude la Ricci – che l’Abruzzo sia stato risparmiato nell’ultimo periodo, anzi, la morfologia del territorio abruzzese con catene montuose elevate a ridosso della costa presenta un livello di rischio tra i più alti di tutto il Mediterraneo. È inaccettabile il notevole spreco della risorsa acqua che si registra nelle perdite delle reti idriche di distribuzione che in alcuni casi arriva a oltre il 50% o l’utilizzo certamente non prioritario dell’acqua che ancora si continua a fare, per esempio per garantire la neve artificiale sulle piste da sci”.
Il problema idrico in Abruzzo preoccupa da anni anche Coldiretti: lo spiega all’ANSA il direttore di Coldiretti Abruzzo, Roberto Rampazzo:
“Più passa il tempo, più le conseguenze sono difficili da gestire. La siccità, ormai diventata strutturale come in tutta Italia, ha un impatto devastante sulle produzioni con un taglio, nel 2023, del 10% della produzione di grano, dell’80% del miele e di oltre il 10% per la produzione di pomodoro e di uva. Come abbiamo evidenziato negli Stati Generali dell’acqua promossi ad Avezzano nel 2023 da Coldiretti con Anbi, consorzi di bonifica, autorità di bacino e amministratori regionali e locali è un problema che va affrontato nelle giuste sedi in modo strutturale e strategico. A questo si aggiunge che in Abruzzo, come nel resto del Paese, riusciamo a recuperare solo l’11% dell’acqua piovana con uno spreco inaccettabile in un territorio a fortissimo rischio desertificazione.
Un progetto immediatamente cantierabile di Coldiretti e Anbi si propone di realizzare una rete di bacini di accumulo, veri e propri laghetti, senza cemento, con pietra locale e con le stesse terre di scavo con cui sono stati preparati, per raccogliere l’acqua piovana e utilizzarla in caso di necessità. L’obiettivo è arrivare a raccogliere il 50% dell’acqua piovana che potrebbe essere utilizzata per una molteplicità di altri utilizzi, riducendo il prelievo di quella potabile”.
Anche l’assessore regionale al sistema idrico, all’ambiente e all’agricoltura, Emanuele Imprudente, interpellato dall’ANSA in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione, commenta i risultati dello studio condotto dall’Università d’Annunzio Chieti-Pescara, pubblicato sulla prestigiosa rivista Environmental Challenge:
“È imperativo che i decisori politici, le istituzioni locali e regionali e tutti i soggetti coinvolti collaborino strettamente per sviluppare piani di azione concreti e mirati a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Investire in infrastrutture di gestione delle acque, migliorare l’efficienza dei sistemi di irrigazione, promuovere pratiche agricole sostenibili e incentivare l’uso responsabile delle risorse idriche rappresentano passaggi fondamentali per garantire la resilienza del nostro territorio. Nel corso del precedente mandato abbiamo finanziato e in parte realizzato interventi per migliorare il sistema idrico integrato, stanziando circa 470 milioni di euro.
Abbiamo destinato 130 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso, il più grande d’Abruzzo, che serve circa 800 mila abruzzesi. Abbiamo reperito risorse per ridurre le perdite nella rete idrica, per potenziare il sistema irriguo, per sviluppare il sistema depurativo.
Abbiamo finanziato con 90 milioni di euro la rete irrigua a pressione della piana del Fucino: una infrastruttura strategica in grado di incrementare l’efficienza nell’uso delle risorse idriche, riducendo le perdite d’acqua causate da infiltrazione ed evaporazione. L’impianto aumenterà la resa, la qualità delle colture e la sicurezza alimentare riducendo, nel contempo, i consumi idrici ed energetici delle aziende agricole. Lo abbiamo fatto attraverso un approccio complessivo di rete per potere gestire la risorsa acqua come occasione di sviluppo e crescita di un intero territorio, ma siamo ben consapevoli che c’è ancora tanto da fare. E questo studio rende evidente come non sia più procrastinabile un intervento strutturale.Gli interventi posti in essere in questi anni rappresentano una base solida su cui costruire politiche ambientali sempre più efficaci e lungimiranti, in grado di alimentare circuiti virtuosi che favoriscano, in coerenza con le trasformazioni in atto, un rapporto equilibrato e proattivo tra uomo e ambiente. Lavoreremo con determinazione per assicurare un futuro sostenibile e sicuro
per le generazioni future”.