Questa sera alle ore 22,30 puntata speciale de “I Fatti e le Opinioni”. Il settimanale di approfondimento, curato e condotto dal direttore Carmine Perantuono, sarà dedicato al carabiniere originario di Penne Giovanni D’Alfonso, ucciso dalle Brigate Rosse in un conflitto a fuoco nel giugno del 1975 ad Arzello di Melazzo nell’Alessandrino
Il caso di cronaca, che proprio nelle ultime settimane è stato riaperto dalla magistratura con l’interrogatorio di Renato Curcio, è stato raccontato nel nuovo storytelling del giornalista Fabrizio Santamaita, intitolato “L’abruzzese che affrontò le B.R. – Storia di un eroe dimenticato”, che vi proporremo integralmente questa sera. La registrazione, con la regia di Antonio D’Ottavio, è stata realizzata nei giorni scorsi a Manoppello, città dove si svolsero i funerali di Giovanni D’Alfonso.
Nella puntata speciale di “I fatti e le opinioni” – condotta dal direttore Carmine Perantuono – sarà possibile assistere alla performance che si è svolta il 4 febbraio scorso a Manoppello, ripresa dal regista Antonio D’Ottavio. Un evento particolare, perché proprio a Manoppello, il 13 giugno 1975, si svolsero il funerale e la tumulazione del protagonista della narrazione, Giovanni D’Alfonso, nella stessa chiesa (san Pancrazio) in cui si era sposato nel 1961 con una donna del posto, Rachele Colalongo. Al termine del racconto ci sarà spazio per un estratto video del funerale di D’Alfonso: si tratta di un documento eccezionale, mai trasmesso prima in tv.
L’episodio di cui tratta lo storytelling risale agli anni di piombo: il 5 giugno 1975 alla cascina Spiotta, un casolare di campagna situato ad Arzello di Melazzo (Alessandria) vi fu un violentissimo conflitto a fuoco tra due membri delle Brigate Rosse e quattro carabinieri, uno dei quali originario di Penne: Giovanni D’Alfonso. Erano tempi in cui lo Stato faticava ad arginare la furia del terrorismo di matrice politica. Le Brigate Rosse erano il gruppo più organizzato della galassia estremista, e per autofinanziarsi avevano progettato il rapimento di un noto industriale piemontese: Vittorio Vallarino Gancia, titolare dell’omonimo marchio di spumanti. Tutto sembrava procedere secondo i piani dei sequestratori ma una pattuglia dei carabinieri arrivò casualmente alla cascina, il covo in cui Gancia era tenuto prigioniero. Il resto è storia, eroismo e tragedia. La vicenda ha diverse sottotrame e presenta ancora oggi dei lati oscuri, sui quali la magistratura ha deciso di riaccendere un faro dopo aver ricevuto un esposto del figlio di Giovanni D’Alfonso, Bruno: è notizia di pochi giorni fa che Renato Curcio, uno dei capi storici delle B.R., è indagato dalla procura di Torino per i fatti della Spiotta. La narrazione è stata ispirata dalla lettura del libro “Brigate Rosse. L’invisibile” di Simona Folegnani e Berardo Lupacchini ed è corredata da rari documenti d’epoca, tra i quali spiccano tre disegni fatti da un misterioso membro delle B.R. per ricostruire graficamente lo svolgersi della sparatoria.