Un episodio non abbastanza noto, le scrupolose indagini di un bravo poliziotto e il sospetto, dopo oltre cento anni, che dietro ad un banale incidente, ci fosse qualcosa di molto più grave.
Siamo nell’estate del 1922, al Vittoriale Gabriele d’Annunzio è in compagnia della sua amante Luisa Baccara e di sua sorella Jojò, per cause misteriose il Vate, all’epoca uno dei personaggi più influenti della politica italiana, cade giù da una finestra, in apparenza al culmine di una lite per motivi di gelosia, ma ad una lettura più critica, certamente qualcosa di più, visto che di lì a pochi giorni d’Annunzio si sarebbe dovuto incontrare con Mussolini e l’allora Ministro Nitti per discutere un progetto di pacificazione nazionale, alla luce di un fermento sempre più crescente che sarebbe scaturito nella tristemente nota marcia su Roma, primo passo verso il regime fascista. Le indagini, delicatissime, furono affidate ad un intraprendente commissario di polizia romano, Giuseppe Dosi, un passato giovanile da attore e ritenuto padre del “fregolismo detectivistico”, sviluppatosi negli anni nella moderna tecnica del “mindhunter”, ovvero la capacità di immedesimarsi nella mente dei criminali per decifrarne i comportamenti. Al raptus di gelosia Dosi non credette mai e cercò di comprovare la matrice politica di quel terribile incidente, del resto d’Annunzio era in forte antitesi con Mussolini, mai avrebbe approvato la deriva fascista e per questa ragione andava evidentemente neutralizzato. Una storia affascinante ricostruita nel dettaglio dalla ricerche storiche dell’ex funzionario di Polizia Ennio Di Francesco, con il contributo prezioso della Polizia di Stato e tradotta in un interessante documentario dal regista Silvano Console, proiettato questa mattina alla Sala “Petruzzi” davanti una platea formata da appassionati e alcune scolaresche di Pescara, con gli interventi, tra gli altri, del noto storico Luciano Canfora:
“Se d’Annunzio non fosse caduto da quella finestra forse ci saremmo risparmiati venti anni di dittatura fascista – dice Silvano Console – è un’ipotesi che regge ancora dopo oltre un secolo e per questa ragione è stato estremamente interessante raccontare questa storia.”
“Una storia che vuole celebrare una straordinaria figura come quella del commissario Dosi – sottolinea Ennio Di Francesco – un servitore dello Stato che aveva come unico scopo quello di scoprire la verità e che pagò a caro prezzo per la sua rettitudine morale e professionale.”