Il termine Pasqua deriva dall’ebraico “pesah” che significa “passare oltre”. Per i profughi in fuga dalla guerra in Ucraina, mai come quest’anno la Pasqua è sinonimo di passaggio
Dalle atrocità del conflitto alla pace di un’Europa che ha dimenticato il suono delle sirene che annunciano imminenti bombardamenti, ma anche di un viaggio di ritorno verso casa, che in tanti ormai stanno affrontando o programmando per tornare nella propria terra e scoprire quel che è rimasto del tempo prima della guerra, come nella rivelazione di un’Epifania.
Olga Nezhurina è una volontaria del centro di accoglienza dei profughi di Porta Nuova a Pescara, in Italia ormai da 32 anni. Insieme ad altri suoi connazionali in Piazza Vittoria Colonna aiuta gli ucraini a familiarizzare con una lingua nuova. È lei a raccontarci i momenti della primissima accoglienza, ma anche quelli della partenza di chi decide di fare ritorno a casa, nei territori ora liberi dall’invasione dell’esercito russo.
«Proprio domenica scorsa ho incontrato una famiglia che stava ripartendo, perché aveva genitori anziani ed era preoccupata. Molti stanno decidendo di rientrare perché le città vicino Kiev sono state liberate e c’è voglia di ricominciare e ricostruire. Quella di quest’anno sarà una Pasqua che vedrà il popolo ucraino più unito, perché la guerra sta facendo questo. Ovviamente molto dipenderà da come si evolverà il conflitto, ma ci auguriamo che sia comunque una Pasqua di speranza.»