Fernando Galletti, presidente dell’Amministrazione separata degli usi civici (Asbuc), di Paganica e San Gregorio, dopo l’ordinanza del Comune dell’Aquila chiede che sia l’Anas a occuparsi della sicurezza della falesia tra Paganica e Camarda.
La perentoria richiesta è formulata da Fernando Galletti, presidente dell’Amministrazione separata degli usi civici (Asbuc), di Paganica e San Gregorio, frazioni del Comune dell’Aquila, a seguito dell’ordinanza 95 del 4 giugno scorso, con la quale il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ha disposto il divieto di utilizzo della falesia e delle attrezzature da arrampicata sportiva in località Madonna d’Appari lungo la statale 17 bis, tra Paganica e Camarda. Il divieto rimarrà “fino al comprovato ripristino e/o verifica delle condizioni di sicurezza con l’obiettivo di salvaguardare l’incolumità pubblica”.
“L’Anas – spiega Fernando Galletti – invece di giocare allo scaricabarile e di arrampicarsi sugli specchi, si faccia immediatamente carico della messa in sicurezza della falesia sulla statale 17 bis, una palestra di arrampicata che rappresenta un importante attrattore turistico per tutto il territorio, come pure del tratto, forse più pericoloso, all’altezza della galleria, incredibilmente bypassato dall’intervento del luglio 2009, la cui stabilità geologica è stata fortemente compromessa dallo scempio rappresentato dall’allargamento e ‘squadratura’ della stessa galleria del luglio 2012. Da respingere al mittente, in ogni caso, la curiosa pretesa che sia l’Asbuc a farsi carico dell’intervento, per il quale non ha competenza alcuna”.
Questa la cronologia degli eventi: il distacco del materiale roccioso dalla falesia è stato segnalato dall’Anas spa al Comune dell’Aquila il 2 novembre dell’anno scorso. il 19 novembre il Comune ha effettuato una valutazione geologica speditiva, dalla quale è risultato che il distacco si è verificato sul versante comunemente utilizzato come parete di arrampicata sportiva, con detriti di circa 1-2 decimetri cubi e con un volume di instabilità di circa 0,25 metri cubi. In data 19 gennaio il Comune ha incontrato all’Asbuc, “in quanto titolare della particella catastale”, e all’Anas, in quanto “gestore dell’infrastruttura stradale sottostante”, una diffida a “procedere a proprie cure e spese alla messa in sicurezza delle pareti rocciose ovvero del disgaggio del materiale in precarie condizioni di stabilità”.
L’Anas con nota del 18 febbraio ha però declinato ogni responsabilità. A stretto giro l’Asbuc, con una nota del 19 febbraio, ha risposto al Comune che “esula dai poteri e competenze dell’amministrazione separata degli usi civici l’attività di messa in sicurezza e di sistemazione delle pareti e dei versanti rocciosi e di protezione del sottostante corpo stradale”.
In data 3 giugno il Comune dell’Aquila ha scritto al dipartimento Territorio e Ambiente della Regione Abruzzo, per chiedere un supporto con attrezzature e professionalità adeguate per effettuare un sopralluogo di approfondimento sulla falesia. La Regione ha risposto che “non avendo avuto segnalazioni di nuovi eventi con associate criticità, questo servizio non potrà garantire un ulteriore sopralluogo di approfondimento tecnico- professionale… che dovrà essere disposto dall’ente e struttura territorialmente competente”. Il 4 giugno il sindaco Biondi ha firmato l’ordinanza di chiusura della falesia.
Commenta dunque Galletti:
“Ribadiamo con forza quanto evidenziato nella risposta al Comune dell’Aquila, ovvero la non competenza da parte dell’Asbuc per un intervento di tale natura, quantificabile in circa 70mila euro e non alla portata del nostra disponibilità economica. E soprattutto esprimiamo sconcerto davanti all’atteggiamento di Anas. La legge del resto parla chiaro, visto che all’articolo 19 della legge regionale 81 del 1998, è scritto che ‘i lavori o le attività su fiumi, su torrenti, su versanti instabili o in erosione, inerenti la conservazione e la messa in sicurezza di un ponte o di una strada pubblica o di un qualsiasi altro pubblico servizio, anche se da realizzarsi al di fuori dell’area di proprietà del soggetto titolare del bene, si eseguono e si mantengono a spese esclusive di quella amministrazione a cui spetta la conservazione del ponte della strada del pubblico servizio’, ovvero con tutta evidenza, l’intervento è a carico, in questo caso, dell’Anas, e non certo dell’Asbuc, che è meramente titolare della particella catastale di uso civico”.
L’Asbuc ricorda poi che l’Anas, sullo stesso tratto di strada e a pochi metri di distanza, dovrebbe farsi carico anche di risolvere l’ulteriore rischio rappresentato dai distaccamenti di materiale e dall’instabilità che interessano le pareti rocciose tra la falesia e il santuario della Madonna di appari, e in particolare quelle che sovrastano il tunnel, oggetto di un contestato allargamento da parte della Provincia dell’Aquila.
“Ricordiamo tutti, nel luglio del 2009, nell’immediato post sisma – prosegue Galletti -, la cerimonia di riapertura di quel tratto di strada, alla presenza del capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a seguito della realizzazione, per un costo di 1 milione di euro del governo più altri 250 mila euro donati dalla Provincia autonoma di Trento, a seguito dell’opera di consolidamento e di applicazione di reti paramassi su un ampio tratto del versante roccioso reso instabile dal terremoto. Peccato però che sia stato bypassato completamente e in modo incomprensibile, proprio il tratto all’altezza del tunnel scavato nella roccia, non oggetto di nessun intervento. Tre anni dopo è arrivato il discutibile progetto di allargamento, squadratura e cementificazione del tunnel. Uno scempio, come denunciammo con forza all’epoca, dal punto di vista estetico e paesaggistico, ma non solo: si è trattato di un intervento fortemente invasivo, effettuato con mezzi meccanici vibranti e a percussione, che hanno aperto profonde fratture e compromesso la compattezza naturale traspirazione della roccia. Il risultato è stato dunque che da allora si verificano infiltrazioni d’acqua nell’adiacente santuario della Madonna d’Appari, e distaccamenti di materiale dalle pareti esterne al di sopra dei due imbocchi del tunnel, più preoccupanti rispetto a quelli rinvenuti nella falesia, che sono tutto sommato molto contenuti”. Conclude dunque il presidente Asbuc: “Ricapitolando, in questi anni abbiamo assistito ad interventi di messa in sicurezza parziali sulla statale 17 bis, all’inutile e dannoso intervento dell’allargamento del tunnel, all’indifferenza dell’Anas davanti alle segnalazioni, ripetute negli anni, di distaccamenti di materiale sul tratto del tunnel, ed ora al suo giocare a scaricabarile, davanti ad ulteriori distaccamenti dalla falesia, infine l’atteggiamento pilatesco del Comune, che si è limitato ad emanare una ordinanza di chiusura, non prima di aver intimato l’Asbuc, senza alcun presupposto giuridico, di farsi carico dell’intervento di messa in sicurezza. Diciamo pertanto che non è più tempo di tergiversare: è l’Anas che deve intervenire e il Comune e la Regione devono fare la loro parte per risolvere nel più breve tempo possibile questo problema, al fine di garantire l’incolumità di chi transita in una strada ad alta percorrenza e strategica, e per riaprire il prima possibile alla fruizione pubblica la falesia, utilizzata, va ricordato non solo da tanti appassionati di arrampicata provenienti anche da fuori regione, ma anche, per le sessioni di esercitazione, da parte dell’Esercito italiani, della Guardia di finanza e dal Soccorso alpino”.