L’Aquila, omicidio Barisciano: DNA inchioda presunto colpevole

Trovate tracce sull’abbigliamento della vittima compatibili con quelle del presunto assassino, un macellaio di 25 anni. La svolta dopo un anno.

È stato arrestato ieri mattina un giovane aquilano di 25 anni Gianmarco Paolucci, incensurato, rinchiuso nel carcere di Frosinone, accusato di aver ucciso il dipendente di 55 anni dell’Asm Paolo D’Amico, trovato morto il 24 novembre del 2019 nella sua casa nelle campagne di Barisciano.

L’accusa è di omicidio volontario aggravato dalla violenza inflitta sul corpo con venti colpi e per futili motivi, inchiodato grazie all’estrapolazione del DNA. Un fatto di sangue che aveva sconvolto la comunità aquilana.

Le indagini sono state lunghe e complesse, condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo e coordinate dal Procuratore della Repubblica Michele Renzo e dal sostituto procuratore Simonetta Ciccarelli.

L’aquilano è per ora il presunto colpevole perché ci vorranno un processo e due gradi di giudizio prima di stabilire la verità giudiziaria.

Il comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Nazareno Santantonio, ha spiegato che sono partiti da un cadavere e piantine di marijuana.

Il movente potrebbe essere legato proprio alle attività di produzione e spaccio di marijuana portate avanti da D’Amico e testimoniate da molti conoscenti sentiti in questo anno e due mesi dai Carabinieri.

La ricostruzione dei fatti colloca l’omicidio nel pomeriggio del 22 novembre.

I militari dell’Arma hanno riscontrato delle incongruenze nelle dichiarazioni rilasciate dal giovane arrestato, macellaio in un supermercato di una frazione dell’Aquila che aveva detto ai militari di essere in un altro luogo al momento dell’omicidio mentre invece dai riscontri era in un’area compatibile con quella dell’efferato delitto.

Fondamentale l’analisi del DNA. Nei primi mesi del 2020 infatti era emerso che sul capo di abbigliamento di D’Amico, oltre al suo sangue, c’erano tracce di dna del presunto assassino estrapolate dal Ris.

I Carabinieri sono riusciti ad ottenere il DNA del presunto colpevole dopo un controllo di alcool test durante un controllo tradizionale su strada.

Le tracce di DNA sono state trovate sulla caviglia della vittima, trascinata probabilmente dentro casa.

Molte persone sentite hanno confermato che erano acquirenti della vittima, sono state ritrovate in casa piante ed alcune essiccate nel garage.

Due le armi del delitto, uno scalpello che D’Amico usava per il restauro di mobili antichi e una mazzetta repertate nel luogo del delitto, compatibili con le ferite riportate dalla vittima.

Paolucci, difeso dall’avvocato Ceci, nel primo interrogatorio all’Aquila si è avvalso della facoltà di non rispondere.