Il 2 febbraio del 1703 un terremoto disastroso colpì L’Aquila distruggendo la città e provocando quasi 10 mila morti tra città e paesi vicini
Era il giorno della Candelora e la maggior parte della gente era radunata in chiesa. La chiesa delle Anime sante fu costruita per onorare i morti del sisma e fu intitolata alla Madonna del Suffragio. L’Aquila perse un terzo dei suoi abitanti. Quel terremoto fu definito il grande terremoto. Dopo la scossa principale ne seguirono molte altre, alcune molto forti. Dopo la tragedia da Napoli fu inviato all’Aquila un commissario straordinario che organizzò i soccorsi e tenne sotto controllo l’ordine pubblico. Fu lui che convinse la popolazione a non lasciate la città e fu lui che emanò una specifica ordinanza per estrarre le vittime dalle macerie e recuperare gli oggetti personali rimasti nelle case danneggiate. Il terremoto del 2 febbraio colpì l’Aquila e la sua provincia durante le celebrazioni della festa della Purificazione, la Candelora. Il terremoto provocò crolli estesi in tutta la città: numerose le chiese crollate, tra cui quelle di San Bernardino, la cui facciata fu risparmiata, San Filippo, la Cattedrale, San Massimo, San Francesco, Sant’Agostino. Il crollo della chiesa di San Domenico causò la morte di centinaia di persone riunitesi per le celebrazioni della Candelora. Anche i monasteri della città crollarono e numerosi palazzi nobiliari subirono danni gravissimi. Il castello, le mura e le porte della città furono seriamente danneggiati. I lavori di ricostruzione del sisma del 2009 hanno riportato alla luce alcune emergenze e situazioni del terremoto del 1703. Ma una analogia importante che lo storico Walter Cavalieri ritrova con quello del 2009 è il rischio dello spopolamento.