Tappa in Abruzzo, a Pescara e a Sulmona, per la campagna di informazione e sensibilizzazione “C’è puzza di gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso” promossa da Legambiente e sviluppata con il supporto di Clean Air Task Force (CATF)
Obiettivo far conoscere a territori, cittadini e cittadine i rischi legati alle dispersioni e agli sprechi del gas metano immesso direttamente in atmosfera, gas fossile con un effetto climalterante fino a 86 volte più potente di quello della CO2; e dall’altro spingere l’Italia e l’intera Europa ad approvare norme e regolamenti ambiziosi, finalizzati a ridurre, nel tempo, fino ad azzerare tali emissioni.
Emblematica la scelta di questa seconda tappa. Nel territorio abruzzese, la politica energetica fossile è prevalentemente incentrata sull’utilizzo di gas ed essendo luogo di infrastrutture che ne coprono l’intera filiera: dai pozzi, agli impianti per il trattamento, siti di stoccaggio, centrali di compressione, gasdotti fino ad arrivare alle centrali termoelettriche. Inoltre, l’Abruzzo, riveste un certo ruolo anche sul piano nazionale: soggetto a numerose attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi ed è proprio Sulmona il futuro snodo del gasdotto Snam che collegherà la Puglia all’Emilia Romagna. Di conseguenza, l’importante penetrazione del gas fossile nella Regione ha inevitabilmente portato anche il problema delle perdite nelle infrastrutture: tre i siti interessati da dispersioni di metano individuati dall’ONG CATF nel 2021, ovvero le centrali di raccolta e trattamento di idrocarburi di Pineto e Santo Stefano, e l’impianto di stoccaggio di Fiume Treste, il più grande d’Italia.
È quanto sottolinea Legambiente che oggi a Pescara ha presentato la campagna “C’è puzza di gas” presso la sede di Legambiente Abruzzo, a cui seguirà oggi pomeriggio a Sulmona (Aq), dalle ore 18.30, presso Piazza XX Settembre, un presidio e dalle 20.00 un flash mob. La conferenza di oggi è stata l’occasione per il punto sul problema delle dispersioni e gli sprechi del gas metano, denunciare la pesante dipendenza dalle fonti fossili, fare il punto sulla vertenza della Centrale di Sulmona e presentare un pacchetto di proposte. In particolare, l’associazione chiede: 1) l’attivazione di sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica (MRV) visto che ad oggi non esistono adeguati strumenti normativi che impongono un monitoraggio costante di quanto avviene nelle diverse infrastrutture e ciò rende complesso identificare e quantificare le fughe, ostacolando un’analisi dettagliata sull’entità reale del problema. 2) Il rilevamento e riparazione delle fuoriuscite (LDAR); 3) la necessità di vietare il rilascio e la combustione in torcia, dato che le attuali norme affrontano parzialmente il problema. 4) Monitorare, chiudere e bonificare i pozzi inattivi nel più breve tempo possibile. 5) Infine, avviare programmi di cooperazione internazionali per limitare, fino ad azzerare, le emissioni al di fuori dei confini dell’Unione Europea considerando che la maggior parte delle emissioni dirette arriva proprio fuori dai confini e che importiamo il 90% di gas.
“Il clima ha un nemico silenzioso, di cui poco si parla ma che è il secondo responsabile del surriscaldamento globale dopo l’anidride carbonica: il metano immesso direttamente in atmosfera. Con questa campagna – spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – vogliamo riportare all’attenzione dei cittadini un tema poco noto ma decisamente importante se parliamo di lotta al cambiamento climatico. Il metano, infatti, è il secondo responsabile del cambiamento climatico. Le dispersioni dirette in atmosfera hanno luogo in diversi settori, come quello agroalimentare e quello energetico. Proprio quest’ultimo è responsabile del 19% delle emissioni di metano totali in Europa. Parliamo di perdite che avvengono lungo tutta l’intera filiera del fossile. A causa di perdite strutturali o ancora più grave legate alla scarsa manutenzione. Complessivamente si stimano tra l’1 e il 3% del totale del gas trattato. Emissioni che arrivano dai pozzi di estrazione, raffinerie, gasdotti, centrali di compressione, centri di stoccaggio e impianti di rigassificazione: perdite che rappresentano un enorme spreco di risorse, oltre che una grave minaccia per il clima. Al problema delle perdite di gas fossile dalle infrastrutture si aggiunge poi quello legato alle pratiche di Venting (rilascio diretto di metano in atmosfera) e Flaring (rilascio tramite combustione in torcia), tra le più inquinanti adottate in molti siti industriali. Il nostro Paese, secondo l’indice Imported Flare Gas (IFG) studiato dalla Global Gas Flaring Tracker, si trova infatti in ottava posizione tra Paesi che importano da fornitori ad alta intensità di Flaring”.
Il fossile in Abruzzo – Il mix energetico in Abruzzo si è sviluppato prevalentemente attorno alla produzione e consumi di energia derivante da gas fossile. I consumi finali lordi di energia in Abruzzo fanno prevalentemente affidamento su un utilizzo massiccio di fonti fossili, con una divisione bilanciata tra prodotti petroliferi e gas fossile. Ogni anno, infatti, vengono consumati circa 1,6 miliardi di metri cubi standard di gas dei quali un terzo viene utilizzato nel settore termoelettrico, un quarto nel settore industriale e la restante parte è immessa nelle reti di distribuzione. Nel 2020 il termoelettrico da fonti fossili ha coperto da solo il 60% (3,8 TWh) della produzione totale di energia elettrica, che è stata pari a 6,3 TWh. Anche in questo caso il gas fossile ha giocato il ruolo principale coprendo 3,6 TWh di energia elettrica lorda e 672,2 GWh di calore per la cui produzione sono stati impiegati 669 milioni di metri cubi di gas fossile. A questi si aggiungano ulteriori 70,6 GWh di elettricità e 26,2 di calore prodotti con altri combustibili gassosi; e 7,0 GWh di energia elettrica e 5,1 di calore prodotti con risorse petrolifere. Sovrapponendo questi dati alle perdite stimate che caratterizzano il settore del gas fossile in generale, è possibile che in Abruzzo possano venire dispersi direttamente in atmosfera tra i 16 e i 48 milioni di metri cubi di gas ogni anno.
Siti di produzione di Idrocarburi: l’Abruzzo ospita decine di siti di produzione di idrocarburi. In totale si contano ben 100 pozzi di produzione tra gas e petrolio, situati su una superficie con concessioni di coltivazione di ben 1.034,68 km2. Di questi, 55 sono pozzi inattivi, e dunque seppur la produzione è ferma, se non monitorati adeguatamente in alcuni di questi siti potrebbero continuare a verificarsi rilasci di metano direttamente in atmosfera. Di fianco alle concessioni di coltivazione ci sono 1.864,07 kmq di permessi di ricerca e su ulteriori 1.438,8 sono state presentate delle istanze per ottenerne. Dunque, se tali istanze dovessero effettivamente essere autorizzate, l’Abruzzo potrebbe avere più di 4 mila km2 di superficie con concessioni di ricerca o coltivazione, vale a dire un’estensione totale grande quasi quanto il Molise.
Vertenza Centrale Sulmona: La conferenza di oggi è stata anche l’occasione per fare il punto sulla vertenza della Centrale di Sulmona, con Legambiente che sostiene il ricorso inizialmente proposto, davanti al Presidente della Repubblica, dal WWF e l’Associazione Salviamo in collaborazione con i Comitati cittadini per l’ambiente, con il quale era stata rilasciata l’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) alla Snam Rete Gas. A seguito della opposizione proposta dalla stessa Snam, il ricorso è stato trasposto davanti al Tar Roma, dove iscritto al n. 11061/2021 di r.g., è in attesa della fissazione della udienza di discussione.
“Le criticità del procedimento amministrativo sono molteplici – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo – a partire dalla mancanza dell’atto presupposto senza il quale non poteva essere rilasciata l’A.I.A., e cioè la Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.) che è addirittura risalente al 2011, e perciò scaduta sin dal 2016 stante la sua durata quinquennale”.
A sua volta, precisa l’avv. Francesco Paolo Febbo, che ha curato il ricorso e presente in conferenza stampa: “L’intera vicenda relativa alla realizzazione dell’opera contestata è caratterizzata da un approccio liquidatorio rispetto alle ragioni di chi, come il Comune di Sulmona e le associazioni ambientaliste, ha inteso opporsi, sollevando documentate e fondate questioni, alla realizzazione del gasdotto.”
Queste le otto tappe di C’è Puzza di Gas. Dopo la prima tappa in Sardegna a Portoscuso (SU) e la seconda in Abruzzo, la campagna di Legambiente arriverà a ottobre in Sicilia a Gela (CL) presso il Terminal del Greenstream e in Basilicata a Val d’Agri (PZ) nel Centro Oli COVA; a novembre in Liguria, a Porto Venere (SP) presso il Terminal GNL di Panigaglia. A dicembre in Veneto, a gennaio in Campania; e infine a febbraio in Emilia-Romagna a Minerbio (BO) presso il Centro di Stoccaggio e contro il futuro approdo della Rete Adriatica del gas.