Altra sentenza choc, che riguarda un ragazzo di soli 22 anni deceduto durante il terremoto dell’Aquila nella casa di via Gabriele D’Annunzio dove viveva da 4 anni come studente universitario in affitto.
Lui è Nicola Bianchi, morto il 6 aprile del 2009. A lui non è stato dato il concorso di colpa del 30%, ma addirittura il 100% di colpa, sempre in una sentenza del giudice Croci, stavolta per il crollo dell’abitazione in cui era in affitto, in via D’Annunzio. E’ una rivelazione choc quella che il papà, Sergio Bianchi, presidente tra l’altro dell’Avus associazione vittime universitarie sisma, ha fatto negli studi di Rete 8 nel corso della trasmissione “I Fatti e le opinioni” condotta dal direttore Carmine Perantuono. Dalle motivazioni, ha rivelato questo padre che dopo 14 anni ancora non può avere giustizia, emerge che il comportamento di Nicola sarebbe stato incauto nel non uscire di casa. Il giudice -ha spiegato il signor Sergio- si è basato su una presunta richiesta di controllo di quella casa, mai messa nero su bianco. Lui in base a questa doveva andare via. Di certo una sentenza che sarà impugnata, ma che lascia sconvolti e con l’amaro in bocca. Una notizia esclusiva di Rete8 perché Sergio Bianchi finora non l’aveva resa pubblica. Peraltro come associazione Bianchi ha di recente presentato Lettera dal futuro, un corto scritto da Umberto Braccili e realizzato dall’associazione Aternum di Pescara con la regia è di Pino Assorgi che parla proprio degli ultimi giorni di Nicola e Maurizio con Liviana e Marilisa. Il cortometraggio racconta delle rassicurazioni delle istituzioni e della certezza dei ragazzi di abitare in un appartamento in via D’Annunzio, ritenuto sicuro, e che invece venne giù come un panetto di burro avvicinato a un accendino. Un cortometraggio che alla luce di quanto accaduto fa ancora più male. Peggio di un pugno nello stomaco.