Diventa sempre più concreto e percorribile lo spiraglio apertosi per la cessione dello stabilimento Riello di Cepagatti, dopo la decisione dei vertici del Gruppo di dismettere e trasferire la produzione negli stabilimenti del Nord Italia e in Polonia. Incontro deludente, invece, per il futuro della Brioni: confermato l’esubero di 321 lavoratori negli stabilimenti della provincia di Pescara e la chiusura del reparto camiceria e maglieria.
“Consolidata la posizione del Gruppo che ha confermato la decisione di lasciare Cepagatti – ha detto l’assessore Quaresimale in merito alla vertenza Riello -. E’ necessario convogliare gli sforzi su due obiettivi: la ricerca di possibili acquirenti del sito industriale di Cepagatti, e in questo senso abbiamo notizie positive, e la possibilità di applicare ai lavoratori dello stabilimento Riello un periodo di Cassa integrazione nelle more della definizione della cessione evitando in questo modo la chiusura della procedura di licenziamento collettivo. Abbiamo registrato in questi giorni, mediante Confindustria – aggiunge Quaresimale – la manifestazione di interesse di un gruppo per l’acquisto e la riconversione del sito industriale di Cepagatti, ma siamo ancora in fase embroniale”.
I rappresentanti del Gruppo Riello si sono detti favorevoli alla cassa integrazione, così come hanno mostrato interesse all’ipotesi di vendita del sito industriale di Cepagatti e alla conseguente riconversione industriale. L’ostacolo più importante da superare è rappresentato dai tempi che risultano essere ristretti sia per le procedure legate alla Cassa integrazione sia per la vendita.
“I prossimi appuntamenti saranno decisivi – precisa l’assessore Quaresimale – perché si dovranno scrivere le regole d’ingaggio per la cessione dello stabilimento e bloccare la procedura di licenziamento collettivo in modo da avviare soluzioni legate alla Cassa integrazione. In questo senso – conclude Quaresimale – contiamo di convocare una riunione per martedì per ‘mettere in fila’ tutti questi problemi e cercare soluzioni a breve”.
Il tavolo nazionale della Riello è stato riconvocato il 3 novembre e dovrà fare il punto su quanto emerso e concordato nel tavolo del 26 ottobre.
Sul fronte Brioni, invece, dal Mise si torna con un enorme senso di sconforto e delusione.
Al tavolo ministeriale hanno preso parte i rappresentanti del Governo, delle regioni Abruzzo e Lombardia, i vertici dirigenziali della Brioni e i rappresentanti nazionali e territoriali della sola Cgil, a ribadire come restino distanti Cisl e Uil.
“Un incontro- ha riferito Leonardo D’Addazio della Cisl- in cui restano distanti le posizioni tra sindacati e azienda. I vertici Brioni hanno confermato l’esubero di 321 lavoratori negli stabilimenti della provincia di Pescara che si trovano, cioè, a Penne, Montebello di Bertona e Civitella Casanova. Ad oggi sono circa 200 i lavoratori ‘Roman Style’ che hanno già firmato l’uscita dall’azienda sartoriale pennese da quando è iniziata la vertenza. Tutti i lavoratori che hanno firmato, comunque, resteranno a lavoro fino ad ottobre 2022, quando scadrà la cassa integrazione straordinaria per Covid-19. Confermata la chiusura del reparto camiceria e maglieria e c’è il timore di chiusure di altri comparti. Domani incontro al Ministero del Lavoro: i sindacati chiederanno alle istituzioni anche garanzie per gli ammortizzatori sociali soddisfacenti per i lavoratori a rischio e la proroga di questi.
“Da quando il gruppo Kering ha acquisito la Brioni si è solo preoccupata di ripianare i debiti, ma non ha mai realmente proposto un piano di rilancio del marchio storico italiano”: hanno dichiarato Sonia Paoloni, Raffaele Salvatoni, Daniela Piras, rispettivamente segretari nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil.
“Siamo consapevoli che la fase economica in corso presenti ancora complicazioni dovute alla pandemia – hanno proseguito i tre sindacalisti -, ma il gruppo Kering deve realizzare un piano industriale investendo in competenze e manufacturing che sono la vera ricchezza di questo marchio del made in italy. E’, infatti, evidente la necessità di investimenti tecnologici che possano inserire e collocare adeguatamente l’azienda all’interno del gruppo. Questo si attende da uno dei più importanti gruppi industriali del lusso e della moda al mondo”.
“Al contrario, la perdita di know how rischia solo di impoverire la Brioni, questa pratica, lo ricordiamo, è iniziata ben prima della crisi pandemica e con essa non ha nulla a che fare. Noi non condivideremo mai un piano industriale che preveda la ristrutturazione dell’azienda con ulteriori ricadute occupazionali. I lavoratori della Brioni hanno già fatto la loro parte pagando un prezzo salatissimo sia dal punto di vista dell’occupazione che del salario”: hanno concluso Paoloni, Salvatoni, Piras.